Sono diventati un caso politico (e non solo) i compensi di Vittorio Sgarbi, indagato per 715 mila euro di contenzioso con l’agenzia delle entrate e un quadro da 148 mila euro della sua fidanzata Sabrina Colle.
Il dossier è finito sulla scrivania di Giorgia Meloni. Si è presa 48 ore di tempo per prendere decisioni al riguardo.
Intanto il sottosegretario alla Cultura, che non intende dimettersi, si dice tranquillo: «l’Autorità Anticorruzione si è già occupata a maggio del mio caso assicurando che posso scrivere sui giornali e svolgere conferenze». Ora se ne occupa anche l’Antitrust. L’unico che di Sgarbi non ne vuol sapere sarebbe il ministro Sangiuliano che s’è affrettato a dire di non averlo nominato lui, che s’è detto indignato per le rivelazioni del Fatto dal giro di conferenze – circa 300 mila euro – a cui avrebbe partecipato facendosi pagare le trasferte dal ministero. Sangiuliano giura che lui si paga tutto da solo: «Dai pranzi con gli ambasciatori alla differenza negli hotel troppi cari. Sgarbi può fare ciò che vuole, ma non da sottosegretario».
Il sottosegretario alla Cultura in un'intervista al Corriere della Sera passa al contrattacco e, nonostante dal ministro Sangiuliano non sia arrivata alcuna smentita su quell'intervista, aggiunge: "Ripeto: non posso credere a quello che ho letto, perché non corrisponde alla realtà. I rapporti tra me e il ministro sono buoni". Contestando anche il passaggio dell'intervista in cui il ministro afferma di tenersi ben alla larga da Sgarbi.
L’Ansa aggiunge che nelle prossime settimane verrà notificato a Sgarbi l’avviso della conclusione delle indagini preliminari per l’inchiesta che lo vede indagato per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Dettaglio: Sgarbi venne indicato in quota Berlusconi, dunque Forza Italia. Questo peserà nella scelta della premier?
Al di là delle questioni di opportunità, c’è una questione legale di fondo: la legge 215 del 2004 contro i conflitti d’interessi regola il comportamento che i titolari di cariche di governo possono seguire e stabilisce una serie di incompatibilità. In quanto sottosegretario, secondo la legge, Sgarbi non potrebbe svolgere nessun altro impiego, pubblico o privato, né «esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite»