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29/02/2024 06:00:00

Paradosso rifiuti in Sicilia: prima nella differenziata, ultima per impianti

 Per chi atterra all’aeroporto di Palermo Punta Raisi, e noleggia magari un’auto, la scena potrebbe essere straniante: nei dintorni dello scalo, infatti, tra Cinisi e Casini soprattutto, la strada è affiancata da una lunga linea ininterrotta di rifiuti, che a volte assomigliano a vere e proprie collinette. Dentro c’è di tutto. Oltre la solita monnezza ci sono divani e lavatrici, passeggini (tantissimi), giocattoli rotti.

Tant’è che il turista, o l’alieno, che arriva in Sicilia pensa che qui siamo all’anno zero per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Sorprenderlo è un piccolo piacere. La Sicilia è oggi una delle Regioni più virtuose per la raccolta differenziata. I siciliani (quasi tutti) sono bravi.

Ben ottanta comuni sono classificati “rifiuti free” perché producono non più di i settantacinque chili di rifiuti indifferenziati l’anno per abitante. Il comune di Longi (Messina) si afferma in vetta alla classifica con una produzione di 19,2 chilogrammi per abitante annuo di rifiuti indifferenziati e oltre il novantuno per cento di raccolta differenziata. Ma ci sono anche Comuni di grandi dimensioni che raggiungono percentuali simili. Più in generale, in tre comuni su quattro si supera la soglia del settanta per cento. La zavorra sono i Comuni di Palermo e Catania, rispettivamente al ventidue e al sedici per cento.

E allora? Perché periodicamente una marea di rifiuti risale le strade? Perché si parla sempre di emergenza? Perché si è costruito negli anni un piccolo miracolo, un paradosso unico al mondo. Come diceva quella storia? Differenziate, differenziate, bisogna farlo, così si pagano meno tasse, ci sono meno rifiuti in giro, e la vita cambia in meglio per noi e le generazioni future. Vale per tutti, oltre lo Stretto di Messina. Perché in Sicilia si è creato il paradosso: più aumenta la raccolta differenziata, più aumentano i problemi per la gestione dei rifiuti. Incredibile, no?


Come si sia arrivati a questo punto è davvero difficile spiegarlo in poche parole. Il tema dei rifiuti in Sicilia è delicato, attraversa aule di giustizia e maggioranze politiche, si porta dietro polemiche infinite e problemi mai risolti. Il dato di partenza è che l’isola non ha un piano rifiuti, una delle riforme annunciate e non ancora realizzate dall’amministrazione Schifani. La gestione dei rifiuti era affidata, nei territori, a degli Ambiti territoriali ottimali (Ato), che di ottimale, nei pochi anni di vita, non hanno avuto quasi nulla: con tutte le postazioni utili occupate dai partiti, si sono rivelati centri di spesa senza controllo, toccati da scandali infiniti che hanno portato presto al fallimento e alla liquidazione. Adesso ci sono le Società di raccolta rifiuti (Srr), gestite direttamente dai sindaci, sui cui grava anche questa responsabilità.

Solo che in questi anni, nonostante la raccolta differenziata sia aumentata, sono venuti meno gli impianti pubblici, così tutto si regge su un equilibrio fragilissimo.

Qualche giorno fa si è bloccata la discarica del Comune di Trapani, che ospita l’indifferenziato di alcune province. Un cavillo burocratico, l’ennesimo. Morale: raccolta fermata per giorni. Ennesimo tavolo di crisi, e riunioni infinite all’Assessorato all’Energia, per trovare una soluzione: una discarica privata in provincia di Catania. «Il conferimento costa molto di più – spiega Domenico Venuti, sindaco e coordinatore dell’Ali – ed è dall’altra parte della Sicilia. Questo aumento dei costi, di quattro volte, sarà poi caricato sulle tasse dei nostri concittadini. È ingiusto. Nella mia città, Salemi, abbiamo una raccolta differenziata da record, siamo all’ottanta per cento. Eppure paghiamo tasse altissime».

Diventa una caso di scuola unico al mondo questa Regione dove aumenta la raccolta differenziata dei rifiuti e crescono a dismisura i costi per il conferimento in discarica della spazzatura indifferenziata. I sindaci, costretti a fronteggiare questa e altre emergenze, non stanno a guardare. Ed è scesa in campo l’Anci che ha presentato un corposo dossier in cui vengono approfondite tutte le criticità.

Dalla Regione non l’hanno presa bene, ma l’Anci ha addirittura rilanciato con un esposto all’Antitrust. I sindaci siciliani, infatti, hanno messo in colonna tutte le tariffe per il conferimento in discarica che si pagano nelle altre regioni. C’è qualcosa che non va: in Piemonte si paga dai novanta ai centoventi euro per tonnellata. In Sardegna la media è novantasette, la Toscana è tra le più care: centocinquanta euro. E in Sicilia? da trecentottanta a quattrocentocinquanta euro. Un prezzo enorme, dovuto al fatto che, nella quasi assenza di impianti pubblici (chiusi o bloccati dalle pastoie burocratiche) si ricorre ai privati. Tra questi, ad esempio, la Sicula Trasporti, a Catania: serve centosettanta comuni (il quarantatré per cento del totale).

Per i sindaci potrebbe configurarsi un abuso di posizione dominante, che si ripercuote sui bilanci, e quindi sulle tasche dei cittadini. La Regione respinge le critiche al mittente e interviene con finanziamenti extra ai comuni per coprire i buchi di bilancio, ma non è una pratica che può durare per sempre. L’ultimo decreto, che distribuiva quarantacinque milioni di euro, è stato annullato – perché, poi, a sua volta, la Regione deve pensare a coprire anche i suoi, di buchi, come ha ricordato la Corte dei Conti qualche giorno fa nella sua annuale relazione sui conti dell’Isola – e quindi adesso gli extra costi del 2022 e del 2023 sono davvero a carico dei comuni.

L’estate si prospetta intensa. Nell’unica grande discarica pubblica ancora funzionante, Bellolampo, gestita dalla municipalizzata del Comune di Palermo, è iniziato il conto alla rovescia. Senza una nuova vasca, entro quattro mesi ci sarà lo stop al conferimento. E il 2024, a Palermo, è già cominciato con i tristi roghi dei rifiuti, nelle vie cittadine, che sono diventati una triste cartolina in giro per il mondo.

Dal territorio vengono anche storie positive. Un esempio virtuoso nella gestione dei rifiuti è l’innovativo percorso ambientale di alcuni comuni del centro della Sicilia – tra cui Gela – che hanno messo insieme un sistema di economia circolare, riuscendo a prendere il controllo del loro destino e trasformando i rifiuti in risorsa, con un nuovo modello di gestione entrato in vigore dal 2019. Gli otto comuni hanno creato un proprio consorzio che gestisce internamente l’intero ciclo, dalla raccolta agli impianti di trattamento, offrendo servizi anche agli altri enti. Hanno spinto la differenziata al massimo, hanno comprato nuovi mezzi, gestito appalti in tre mesi. Morale: adesso il consorzio fattura quaranta milioni di euro e produce utili per quindici. E dà lavoro a duecentocinquanta persone (erano quaranta nel 2019).

Un modello che si potrebbe replicare, allora. Ma alla Regione pensano ad altro. L’anno scorso i rifiuti sono stati inviati all’estero: in Danimarca. C’è del marcio in Danimarca, verrebbe da dire. Certo, lo manda la Sicilia. A un costo salato: cento milioni di euro l’anno.

Qualche anno fa l’ipotesi di inviare i rifiuti all’estero appariva come un’idea da ultima spiaggia. Adesso è realtà, anzi è la routine per un sistema di gestione non autosufficiente. L’ultimo provvedimento che autorizza l’invio è di qualche giorno fa: una nave con settemilacinquecento tonnellate di rifiuti da recapitare a Naestved, centro situato nella parte sud-orientale del Paese nordeuropeo. Qui a gestire un inceneritore è la AffaldPlus I/S, società di proprietà di sei comuni e nel cui consiglio d’amministrazione siedono due rappresentanti per ogni singolo consiglio comunale. I rifiuti vengono convertiti in elettricità e riscaldamento per un bacino di ventiquattromila famiglie.

E proprio inceneritore, o termovalorizzatore, è la parola magica per risolvere ogni problema. Il presidente Renato Schifani ha incassato dal governo Meloni la nomina a commissario straordinario, con poteri speciali. Alla nomina si è arrivati dopo settimane di litigi all’interno della maggioranza, perché Fratelli d’Italia non voleva lasciare tutto il potere nelle mani del presidente, e ha chiesto precise garanzie politiche sulle prossime mosse. Tra l’altro, ci sono risorse assegnate per ottocento milioni di euro.

C’è grande incertezza sui tempi, e soprattutto sui luoghi dove dovrebbero sorgere questi inceneritori. Non li vuole nessuno. Prima o poi, però, si faranno. E forse si raggiungerà, tra qualche anno, un’ulteriore vetta del paradosso: con la Regione che ha un’alta percentuale di raccolta differenziata, che ha pure i termovalorizzatori, ma che riempie lo stesso le strade di rifiuti. In Sicilia ne sarebbero capaci.