Da settimane le giornate le subisco e il calendario è più una convenzione che altro, siamo metà luglio, a Palermo omaggiano la Santuzza e i suoi quattrocento anni.
Mi scosto dai santi, e trovo rifugio in partenze brevi e dopo una telefonata di giorni addietro mi ritrovo a vivere una città come dentro una bolla, con le rassicurazione del Ministero della Salute: bevete molto non uscite nelle ore calde etc etc, ovvero Firenze.
E lì nella città di Lorenzo de Medici, in quel capolavoro che è la cupola del Brunelleschi o il Marino Marini (museo sontuoso, ma ci torno dopo), passeggerò con un amico perché la scusa è Cutusio. Storie strane che la letteratura ti fa vivere con le emozioni a oltre 38° e si può fare, basta sudare con dignità.
Sfido con gioia il caldo importante di questi giorni, anticipo il mio arrivo in città e il mio nord è il Museo Marino Marini: maestro assoluto del ‘900 italiano i suoi bronzi ora monumentali ora intimi dentro un contenitore contemporaneo col suo cemento brutale a vista, e movimenti e piani sfalsati ad animare l’allestimento elegante e sobrio.
Rivendico la mia contemporaneità, amo questa architettura incastonata tra Santa Maria Novella e il resto, e tutto mi riporta a conversazioni amabili con Elio Romano Erwitt, (Elliott per gli anglossasoni) per una cosa che facemmo assieme dentro quel museo - lui ironico fotografo della Magnum photos, sicuramente il più calviniano di quelli che ho conosciuto dell’Agenzia, al punto che la sua leggerezza è diventata lirica -.
A pranzo parleremo di poesia siciliana ( Nino De Vita ) e di questo dono che la casa editrice Le Lettere sta facendo anche a Marsala tutta (la città lo capirà mai fino in fondo?), ma vent’anni esatti addietro mi perdevo dentro quel cemento armato tra i segni del ‘900, le fotografie e il suo dover cambiare nome per colpa delle leggi razziali (Elio Romano - Elliott), ma questa è un’altra storia.
Il buon Filippo mi chiamò per parlare di Nino De Vita la scusa è per un prossimo libro che uscirà a novembre, ma in verità se tutto ha un filo rosso questo si dipana dal Teatro Sollima novembre 2023 a Marsala e da lì idee condivise con il buon Marco Marino con Giacomo Di Girolamo, per altre narrazioni di respiro diverso; perché i progetti vanno condivisi soppesati, messi da parte e poi ripresi anche per via di una telefonata.
E in un tempio culturale del buon cibo, si recupera il ‘500 a tavola e il dialetto - pardon - la lingua di Cutusio e non ci sono più distanze o barriere, la Cultura è questa cosa qui nulla di complesso; e sono emozionato perché prendersi l’onere di ripubblicare l’opera del nostro con innesti inediti dal centro Italia dalla culla della lingua italiana, è un atto di amore unico.
Mettersi al servizio di tanto fare, e provare poi con amiche prof sul territorio a tentare incursioni letterarie e far ascoltare questa musica questa metrica: perché potrai volare, ma prima devi sapere da dove vieni.
Il vino è un rosso toscano e i piatti decisi, ma i ragionamenti che partono da una contrada conosciuta da Sciascia a Scianna passando per il gota della critica letteraria italiana ci fanno vivere una dimensione terragna e inafferrabile allo stesso tempo, dove quel grammelot di suoni e versi di Nino mi confermano sempre più che il contemporaneo è un melting pot che poi è la base del nostro abitare.
Metteremo la penna sul foglio a breve per altri racconti, abbiamo annullato distanza e tempo tra l’Isola grande e la Città del giglio - nemo profeta vero caro Nino (?) - e spererei in cuor mio che muri e distanze crollino nella nostra Comunità che spesso per insipienza non è mai riuscita a riconoscere quella musica in parole e quella metrica poetica che è nostra, confinandola a semplice dialetto.
Gli amici di Radio Rai 3, con una trasmissione che onora Luca Serianni_La lingua batte_ ha ben pensato chiudere l’anno dedicando una puntata al nostro Poeta, indicando un paesaggio della nostra lingua italiana, una strada di conoscenza e forse segno che qualche sforzo debba essere fatto tra la Città e le contrade della nostra Marsala.
“Le sue poesie sono un evento monumentale. Non c’è parola del dialetto che non abbia una precisa rispondenza con la terra” ( nadia terranova, il Foglio ).
p.s. ho iniziato a scrivere queste poche righe in treno al ritorno da Firenze giorni addietro, e l’incipit di questo pezzo poi ha subito un brusco cambio di rotta, e come tutte le virate mi porteranno a scandire un tempo e a respirare diversamente. E sia
giuseppe prode