La notte tra il 26 e il 27 gennaio del 1976 segna una delle pagine più oscure della storia italiana. Nella piccola casermetta di Alcamo Marina, due giovani carabinieri, Carmine Apuzzo (19 anni, originario di Castellammare di Stabia) e Salvatore Falcetta (35 anni, di Castelvetrano), furono sorpresi e brutalmente assassinati nel sonno. Gli assassini, mai identificati, fecero irruzione forzando la porta con una fiamma ossidrica.
La tragica scoperta avvenne all'alba del 27 gennaio, quando la scorta dell’allora segretario del MSI Giorgio Almirante, in transito lungo la strada statale, notò la porta della caserma divelta. Una volta dentro, si trovarono davanti a una scena raccapricciante: i corpi senza vita dei due carabinieri.
Un mistero irrisolto tra ipotesi e omissioni
A distanza di 49 anni, le responsabilità di quel duplice omicidio restano avvolte nel mistero. Tante le ipotesi avanzate, mai realmente accertate: dall’omicidio per mafia al terrorismo, passando per presunti legami con la Strategia della Tensione, l’organizzazione paramilitare Gladio e il traffico di armi. Un’ipotesi particolarmente inquietante suggerisce che Apuzzo e Falcetta, il giorno precedente alla strage, avessero fermato un furgone carico di armi, forse legato a organizzazioni segrete. La vicenda si intreccia con altri episodi oscuri. Quindici anni dopo, la polizia scoprì un arsenale appartenente a due militari, Vincenzo La Colla e Fabio Bertotto, sospettati di essere "armieri" di un clan mafioso locale. Sebbene entrambi fossero legati ai servizi segreti, furono assolti dalle accuse. Anche Peppino Impastato, attivista e giornalista ucciso dalla mafia nel 1978, si occupò della strage. Tuttavia, i documenti che aveva raccolto sul caso furono sequestrati dopo la sua morte e mai restituiti, alimentando ulteriori dubbi e sospetti.
Le false accuse e il caso Giuseppe Gulotta e gli altri giovani innocenti
La strage non ha avuto solo due vittime ufficiali, ma anche altre, ingiustamente accusate e condannate. Nel 1976, quattro giovani di Alcamo – Giuseppe Gulotta, Vincenzo Ferrantelli, Gaetano Santangelo e Giovanni Mandalà – furono arrestati con l’accusa di essere gli autori del duplice omicidio. La loro colpa fu "confessata" sotto tortura durante una notte di violenze che li costrinse a dichiararsi colpevoli di un crimine mai commesso.
Giuseppe Vesco, un giovane anarchico di Partinico inizialmente coinvolto nelle indagini, confessò il proprio coinvolgimento accusando gli altri quattro, ma ritrattò poco dopo. Vesco morì in circostanze sospette in carcere, "suicidato" nonostante avesse solo una mano. La sua morte sollevò ulteriori interrogativi sull’intera vicenda.
Decenni dopo, la verità cominciò a emergere grazie alle dichiarazioni di Renato Olino, un ex brigadiere dell’Arma che assistette alle torture inflitte a Gulotta (qui la sua storia) e agli altri giovani. Le sue confessioni portarono alla revisione dei processi e all’assoluzione di tutti gli accusati. Giuseppe Gulotta, che aveva trascorso 22 anni in carcere, è diventato il simbolo di questa ingiustizia, testimoniando pubblicamente l’orrore di una vicenda che distrusse la sua vita.
Un’inchiesta chiusa, un mistero ancora aperto
Nonostante le assoluzioni e le nuove testimonianze, il caso della strage di Alcamo Marina resta irrisolto. Le inchieste riaperte sulla morte di Apuzzo e Falcetta e sulle torture subite dagli accusati non hanno portato a risultati concreti. Nel 2020, la Procura di Trapani ha chiuso definitivamente l’indagine sul duplice omicidio con queste parole: «Non sono emerse ipotesi investigative apprezzabili e degne di ulteriori approfondimenti».
A 49 anni di distanza, l’ombra di quel tragico evento si allunga ancora sulla memoria collettiva. La strage di Alcamo Marina non è solo un capitolo oscuro della storia italiana, ma un monito sui pericoli dell’abuso di potere e sull’importanza della giustizia. Per Carmine Apuzzo, Salvatore Falcetta e tutte le vittime innocenti di questa vicenda, la ricerca della verità non dovrebbe mai fermarsi.