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14/05/2009 05:00:34

"Falsa l'equazione tra immigrati e criminalità"

Ne abbiamo parlato con Clelia Bartoli, docente del corso di Diritti Umani della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, polo didattico di Trapani.

Professoressa Bartoli, respingere l’immigrato clandestino è una violazione di diritti o no?
Al momento, ci sono molto dibattiti sulla legalità o meno dell’azione di respingimento del Governo Italiano. Il diritto d’asilo è riconosciuto da tutti i trattati, dalla Costituzione Italiana alla Dichiarazione Universali dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Non solo è un’azione scorretta ma c’è anche un’impostazione sbagliata del rapporto fra criminalità e sbarchi.

In che senso?
Coloro che arrivano con i barconi sulle coste siciliane sono solo una piccola parte di quanti arrivano nel nostro Paese. E, in ogni caso, la gran parte di loro, nonostante sono definiti clandestini ma in realtà sono, per il 75% dei casi,  dei richiedenti asilo: persone che vengono da zone di guerre o dittature e che hanno tutto il diritto di essere accolti  e protetti in Italia e in Europa, secondo tutte le leggi e convenzioni. E la maggior parte di loro poi infatti l’ottiene. Gli immigrati clandestini usano invece altri metodi per entrare in Italia.

Quali?
Permessi di soggiorno che poi scadono, documenti falsi o arrivano dai confini del Nord. Questo legame fra sbarcati e criminalità è totalmente scorretto. L’Italia, fra l’altro, è il paese con meno richiedenti asilo d’Europa: è usato solo come luogo di transito.

Le istituzioni come dovrebbero gestire il problema dell’immigrazione?

C’è confusione fra la percezione del problema e il problema stesso. Parlando di “problema” non si fa altro che generare paura, ansia. Marsala è un luogo virtuoso: i centri che ci sono funzionano molto bene. Sono segnalati dagli osservatori internazionali, tra i migliori in Italia ed in Europa e potrebbero diventare esempio per le politiche nazionali. In generale, c’è un problema di distribuzione delle risorse fra cittadinanza italiane e immigrati. Secondo me, aiuterebbe molto il voto agli immigrati di lungo periodo. Perché si obbedisce alle leggi non perché sono imposte ma perché si è contribuito a farle e a fare eleggere chi le fa.

Il modo in cui si parla della questione ha delle ripercussioni sull’integrazione dei migranti?
Certamente. Siamo sempre stati multiculturali: guardiamoci intorno… l’arte, l’architettura: la multiculturalità è sempre stata un nostro vanto, la ricchezza della nostra cultura. I mezzi d’informazione invece spesso trattano i migranti, qualsiasi sia il loro stato (rifugiati, regolari, irregolari) come “massa, come “flusso”: difficilmente vengono interpellati in prima persona. I giornali usano metafore che non mostrano le storie dei singoli, come invece viene fatto con altre tragedie, come per esempio quella del terremoto, di cui sono state raccontate storie che fanno partecipare e commuovere la gente.

Sono trattati, secondo lei, come un’entità amorfa…

Sono un gregge e di un gregge non ci si commuove. E’ per questo che noi abbiamo realizzato un progetto, grazie al quale potersi guardare in faccia e conoscersi, tirar fuori gli individui. Alcuni studenti di Giurisprudenza, prossimi magistrati e Pm, conviveranno con i migranti in un centro di accoglienza per i richiedenti asilo. Il progetto è importante perché sono giovani che poi si troveranno, molto probabilmente, a lavorare proprio con i richiedenti asilo. E’ importante che si facciano un’idea personale di chi sono queste persone. Il 21 maggio ci sarà anche uno spettacolo di cittadinanza attiva al Teatro Sollima, in cui gli spettatori potranno interagire con gli attori.