Solo quando la Procura avrà la disponibilità del documento originale, che sarebbe nelle mani di un fiduciario di Ciancimino jr. e che il dichiarante non avrebbe ancora avuto modo di r
ecuperare, sarà possibile accertare, attraverso una perizia, se quello consegnato dal figlio dell'ex sindaco è realmente il famigerato "papello" di cui, per primo, parlò il pentito Giovanni Brusca, definendolo prova tangibile che la Mafia e lo Stato, tra le stragi del '92, vennero a patti.
Restano, comunque, molti i dubbi della Procura sull'autenticità del documento - due paginette scritte a mano e in stampatello -: in particolare a non convincere i magistrati è l'inserimento, tra le dodici condizioni imposte dal padrino corleonese, dell'abolizione delle supercarceri e il cenno ad un trattamento legislativo di favore per i così detti boss dissociati.
E, come sostiene Ciancimino e come pare dalle rivelazioni recenti fatte dall'ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli, infatti, la trattativa ha avuto inizio tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, cioè tra il 23 maggio e il 19 luglio del '92, il riferimento a istituti di pena speciali per i mafiosi è quanto meno singolare dal momento che, in quel periodo, non esistevano prigioni ad hoc per i boss, che erano detenuti nelle carceri ordinarie.
È poco spiegabile, alla luce del periodo in cui il "papello" sarebbe stato prodotto, e anche in riferimento alla dissociazione, progetto che, secondo quanto è venuto fuori dalle indagini, risalirebbe solo ad anni dopo, quando i vertici di Cosa Nostra erano stati arrestati.