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06/11/2009 07:02:39

"Fu Bernardo Provenzano a tradire Totò Riina"

Comunque non posso fare altere dichiarazioni per rispetto dei magistrati con i quali sto parlando". Lo ha detto Massimo Ciancimino, prima di entrare nell'aula bunker di Pagliarelli a Palermo.

Secondo questa sua ricostuzione, fatta agli inquirenti di Palermo, che nel periodo delle stragi mafiose del '92 l'allora capitano del Ros Giuseppe De Donno gli consegnò delle mappe di Palermo, chiedendogli di darle a suo padre Vito Ciancimino e sperando di avere un contributo utile per l'arresto del boss latitante. Don Vito avrebbe trattenuto una copia delle mappe e un'altra l'avrebbe affidata al figlio perchè la consegnasse a un uomo di fiducia del geometra Lo Verde, il nome con cui l'ex sindaco indicava Provenzano.

L'emissario del capomafia avrebbe, poi, restituito a Ciancimino la mappa con un cerchio proprio sopra la zona del quartiere Uditore in cui si nascondeva Riina. La cartina venne poi fatta avere ai carabinieri e Riina nel gennaio '93 fini' in manette.

Ciancimino oggi ha anche consegnato nuovi documenti e carte, ai pm di Palermo Nino Di Matteo e Paolo Guido. Si tratta di una serie di appunti e lettere di suo padre Vito, sindaco mafioso del capoluogo siciliano, morto nel 2002. Tra questi, materiale definito di interesse investigativo che potrebbe servire per riscontrare precedenti dichiarazioni di Massimo Ciancimino sulla trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra, ma anche per datare alcuni fatti.

In serata arriva la dura risposta del colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il famoso "Capitano Ultimo" che, nel 1993 condusse le indagini che portarono alla cattura di Riina: "Ciancimino è uno dei tanti servi di Riina. Infatti è chiaramente falso che il boss sia stato arrestato in seguito alle dichiarazioni di Bernardo Provenzano. Ma la cosa più grave - aggiunge 'Ultimo' - è che ci sia qualcuno all'interno delle istituzioni che legittima questo servo di Riina. Questo significa evidentemente che i servi di Riina sono anche all'interno delle Istituzioni e certamente non sono il generale Mori e il capitano De Donno: forse sono gli stessi che hanno isolato e delegittimato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino".

Non sono stati consegnati in Procura, invece, i nastri contenenti le registrazioni dei colloqui che Vito Ciancimino incideva di nascosto per documentare i suoi incontri con i carabinieri. "Io non so cosa contengano quei nastri", ha precisato Massimo Ciancimino, che ha preannunciato di volerli prelevare dalla cassetta di sicurezza dove custoditi a Vaduz, nel Lichtenstein, per consegnarli ai magistrati.

Massimo Ciancimino si è poi spostato nell'aula bunker di Pagliarelli per rendere nuove dichiarazioni spontanee nel processo d'appello in cui è imputato di riciclaggio, tentata estorsione e fittizia intestazione di beni, dopo essere stato condannato a 5 anni e 8 mesi in primo grado. Il processo si svolge a porte chiuse.

Ieri Ciancimino era stato sentito dai pm di Catania, con i quali ha parlato di imprenditori catanesi coinvolti in affari di mafia ma anche della conduzione delle indagini nei suoi confronti sul 'tesoro' del padre Vito. "Io non ce l'ho con i magistrati che hanno coordinato le indagini su di me. Non sono loro infatti che eseguono le perquisizioni o che trascrivono le intercettazioni", ha detto Ciancimino, e alla domanda dei giornalisti se il riferimento fosse ai carabinieri ha risposto: "Sì, ma dovranno essere i magistrati competenti ad accertare i fatti e a verificare se siano state sottratte prove a mio favore".