Dopo tanti anni (17) e decine di tentativi di cattura falliti, finalmente quello che viene definito uno dei tre papabili successori di Riina e Provenzano, è ora in mano alla giustizia. All’azione hanno partecipato circa 50 uomini della polizia. Raccuglia era, solo, in una abitazione di Calatafimi, in un appartemente di due piani a via Cabbassini 80. Pochi giorni fa era stata perquisita la casa della moglie del latitante, ma sembrava che non vi fosse stato trovato nulla di rilevante.
La notizia è stata appena confermata anche dal direttore di TeleJato, Pino Maniaci, anche lui sul posto della cattura. L’arrestato è in questo momento in viaggio per Palermo. L’azione è stata eseguita in coordinamento con la squadra mobile di Trapani. Attesa per domani mattina una conferenza stampa.
Il capomafia Raccuglia, conosciuto come “il veterinario” è un ex “delfino” del boss di San Giuseppe Jato, oggi pentito, Giovanni Brusca ed è stato già condannato a tre ergastoli (uno per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo), a 20 anni di reclusione per tentativo di omicidio e ad altre pene per associazione mafiosa. Durante la sua latitanza, nonostante i servizi di osservazione disposti nei confronti della moglie, Raccuglia è riuscito a diventare padre per la seconda volta. Il boss era considerato uno degli aspiranti al vertice della mafia palermitana essendo il capo incontrastato delle cosche a Partinico grosso centro fra Palermo e Trapani.
«L’arresto del boss Raccuglia è un grandissimo risultato conseguito in un periodo difficile. La polizia lavora con pochi uomini e poche risorse. Ciò accresce ulteriormente il valore di un’indagine svolta esclusivamente con metodo tradizionale: pedinamenti, videoriprese e intercettazioni». Lo ha detto il pm della dda di palermo Francesco del Bene che, insieme alla collega Roberta Buzzolani, ha coordinato l’indagine della squadra mobile di Palermo che ha portato all’arresto di Mimmo Raccuglia. «Il boss – ha raccontato – all’arrivo degli agenti era da solo. La casa in cui si nascondeva è di proprietà di un incensurato. Stiamo valutando la sua posizione. Nell’appartamento c’erano due pistole». Originario di Altofonte, uomo vicino alla famiglia mafiosa dei Brusca, Raccuglia ha esteso il suo dominio fino al trapanese. «Dalle indagini è emerso che il capomafia – ha aggiunto Del Bene – aveva stretto un’alleanza con il latitante di Castelvetrano Messina Denaro e recentemente aveva spostato i suoi interessi proprio nel trapanese». Processato per 5 omicidi, Raccuglia detto il «veterinario» per la sua passione per gli animali, ha già tre condanne definitive all’ergastolo. Sposato, con due figli, uno dei quali nato durante la latitanza, è stato uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito sequestrato e poi strangolato e sciolto nell’acido su ordine di Giovanni Brusca. Raccuglia teneva i contatti con la famiglia del bambino alla quale portava i messaggi del piccolo durante il rapimento. «Dopo l’arresto e il pentimento dei Brusca – spiega Del Bene – Raccuglia ha esteso la sua egemonia al mandamento di San Giuseppe Jato. Quando, poi, i Vitale sono finiti in cella, il suo dominio è giunto fino a Partinico, dunque ai confini con la provincia di Trapani».
Considerato il boss del clan di Cosa Nostra di Altofonte ed erede di Giovanni “lo scannacristiani” Brusca, Domenico Raccuglia è nato il 27 ottobre 1964 è latitante dal 1996.
Condannato a tre ergastoli per associazione di tipo mafioso, rapina, estorsione ed omicidio, Mimmo Raccuglia, noto anche come “U veterinario”, nel 2007 era considerato uno dei possibili successori del boss dei bossBernando Provenzano, ma la sua mancanza di forze armate e di potere economico sembra non avergli permesso di salire quel gradino.
A quanto pare la latitanza non gli ha impedito di continuare a gestire i suoi affari, tanto che nel 1998 il suo nome era stato accostato a quello di un gruppetto di persone che volevano metter da parte Provenzano, mentre notizie più recenti risalgono all’ottobre 2005, in relazione all’omicidio di Maurizio Lo Iacono nell’ambito del mandamento di Partinico.
La sua prima condanna all’ergastolo risale al 1994 quando, su ordine di Giovanni Brusca, uccise Girolamo La Barbera, padre del pentito Gioacchino, uno dei testimoni chiave nel processo per l’omicidio di Giovanni Falcone.
Poi nel 2004 è arrivato il secondo ergastolo per una serie di omicidi commessi da Raccuglia negli anni ‘90, mentre la terza l’ha ricevuta per il suo coinvolgimento nel rapimento e omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio 11enne del pentito Santo.
Su ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Giuseppe fu rapito nel novembre 1993 e ucciso dopo più di due anni di prigionia, nel gennaio 1996. Per distruggere ogni prova il corpo del bimbo fu sciolto nell’acido.