Il nuovo provvedimento stabilisce che se trascorsi i 90 giorni che devono intercorrere tra la data della confisca e quella dell’assegnazione – previsti dalla legge 575/65 – i beni non sono stati assegnati, essi possono essere venduti.
La competenza viene affidata al dirigente del competente ufficio del territorio dell'Agenzia del demanio che dovrà espletare il procedimento di vendita entro sei mesi. In questo modo la competenza in materia di beni confiscati passa dal Ministero dell’Interno al Ministero dell’Economia, per evidenti ragioni di natura economico-finanziaria: le risorse incamerate dalla vendita andranno a finanziare i bilanci del Ministero degli Interni e del Ministero della Giustizia.
Il dirigente del competente ufficio dell'Agenzia del demanio – secondo quanto previsto dall’emendamento approvato – richiede al prefetto della provincia interessata ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti cui furono confiscati ovvero da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata.
L’Aula del Senato ha approvato a maggioranza due emendamenti proposti dall’opposizione (Emendamento n. 2.3000/35 e n. 2.3000/36), in base ai quali si prevede che il dirigente del competente ufficio dell’Agenzia del demanio deve obbligatoriamente tenere conto del parere del Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose e del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Secondo il Presidente di Avviso Pubblico, dottor Andrea Campinoti e il Coordinatore del gruppo di lavoro dell’Associazione sul tema dei beni confiscati, Cosmo Damiano Stufano, il provvedimento approvato oggi al Senato indebolisce la lotta alle mafie in quanto genera uno stravolgimento inaccettabile di quanto previsto dalla legge 646 del 1982 – Legge Rognoni – La Torre, pagata con la vita da Pio La Torre – e del principio di utilizzo sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata previsto dalla legge 109/96.
La legge 109/96 è stata la prima legge di iniziativa popolare contro le mafie, votata dal Parlamento all’unanimità , sostenuta dalla raccolta di un milione di firme di cittadini a suo tempo curata dall’Associazione Libera.
Confiscare i beni ai mafiosi e utilizzarli per finalità di carattere sociale è fondamentale se si vuol portare avanti una seria e concreta lotta alle mafie da parte di uno Stato credibile e autorevole. Fondamentale perché si sottrae quella ricchezza illecita e quel consenso sociale che sono due pilastri portanti della forza e della prepotenza mafiosa.
L’uso sociale dei beni confiscati è uno strumento formidabile di grande valore e impatto simbolico, utile sia per costruire un tessuto sociale e istituzionale capace di riconoscere realmente i diritti dei cittadini, liberandoli dall’oppressione mafiosa, sia per porre le basi di uno sviluppo economico legale concreto, come testimonia il lavoro delle Cooperative sociali del circuito Libera – Terra.
La vendita dei beni confiscati alle cosche, così come prevista dal provvedimento approvato oggi al Senato, non garantisce pienamente che ad impossessarsene non saranno più i mafiosi. È notorio, infatti, come da tempo queste organizzazioni criminali, dotate di ingenti risorse finanziarie, si avvalgano di prestanome incensurati per infiltrarsi nel tessuto economico-produttivo-finanziario legale: questo non solo nel Mezzogiorno ma a livello nazionale.
Avviso Pubblico ritiene che un concreto sostegno economico-finanziario alla magistratura e alle Forze dell’ordine può derivare da un serio contrasto alla corruzione, alle mafie e all’evasione e all’elusione fiscale, non dalla vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
In tema di beni confiscati è necessaria la costituzione di un’apposita Agenzia nazionale che si occupi in modo specifico della materia, riducendo sensibilmente i tempi che intercorrono tra la fase di sequestro, confisca, assegnazione e destinazione dei beni, favorendone il loro uso sociale, così come dichiarato anche nel Manifesto finale di Contromafie 2009.
Avviso Pubblico si dichiara contraria alla scelta legislativa approvata oggi dal Senato e chiede che alla Camera dei deputati il provvedimento sia ritirato. Affinché questo si realizzi l’Associazione si mobiliterà pubblicamente nelle forme e nelle sedi che riterrà più opportune.
La vendita all'asta dei beni confiscati alle mafie rischia di vanificare gli effetti concreti della legge 109 e ne tradisce il valore simbolico e culturale. Ne e' convinto Paolo Beni, presidente nazionale dell'Arci secondo il quale l'emendamento alla Finanziaria approvato in Senato, con cui si consente la vendita all'asta dei beni immobili confiscati alle mafie, rappresenta ''un colpo durissimo inferto alle attivita' di opposizione sociale e culturale alla criminalita' organizzata. Si vuole calare il sipario su una stagione autenticamente rivoluzionaria della resistenza alle mafie nel nostro paese: - accusa l'Arci - quella avviatasi nella prima meta' degli anni novanta grazie alla partecipazione democratica, al risveglio delle coscienze, all'entusiasmo e alla passione civile di tanti cittadini e cittadine, soprattutto giovani''.