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17/11/2009 08:32:24

Raccuglia tace nel primo interrogatorio


Nel carcere di Pagliarelli a Palermo Raccuglia e' stato portato davanti al Giudice delle indagini preliminari per l'interrogatorio di garanzia dell'operazione "Carthago", un blitz antimafia realizzato nel gennaio scorso contro un gruppo di presunti mafiosi della zona di Partinico e Borgetto, quella in cui Raccuglia esercitava il suo potere. Nella saletta del carcere palermitano il capomafia si e' presentato vestito allo stesso modo del giorno dell'arresto. Presente anche il Pm Roberta Buzzolani, che col collega Francesco Del Bene ha coordinato le fasi della cattura. Raccuglia ha detto subito di non volere rispondere ed e' tornato in cella.

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E' molto interessante il materiale che è stato trovato nel covo di Raccuglia: una trentina di "pizzini" scritti a mano (alcuni con nomi e, accanto, cifre: certamente una sorta di contabilità del pizzo); un block notes con la copertina rossa fitto di annotazioni (e, segnati in un foglietto, i giorni delle vacanze scolastiche per le festività natalizie), documenti e appunti personali.Gli agenti della polizia Scientifica li stanno repertando. Il materiale, definito "molto interessante" dagli investigatori era conservato in uno zaino che il capomafia ha cercato di "salvare" lanciandolo goffamente dalla dalla finestra della casa di via Cabasino, a Calatafimini. E proprio seguendo i "pizzini" gli agenti della Catturandi e dello Sco sarebbero arrivati al "veterinario". Tenendo sott'occhio otto "postini", che si muovevano tra Camporeale e Altofonte, incaricati di portare la corrispondenza diretta e inviata da boss, la polizia ha individuato il covo di Calatafimi. Un modesto appartamento - unico "lusso un tapis roulant e un attrezzo per il potenziamento degli addominali - al quarto piano di una palazzina disabitata nella cintura del paese. Oltre ai documenti, prova delle attività illecite di Raccuglia, nello zaino lanciato dal terrazzo, stipati, c'erano 138 mila euro in contanti, conservati in una busta trasparente, una mitraglietta, due pistole di grosso calibro, proiettili e diversi guanti da chirurgo. Una sorta di kit del killer, vera "vocazione" del "veterinario", sicario di fiducia, insieme a Michele Traina e Benedetto Capizzi, dell'ex capomafia, ora pentito, Giovanni Brusca. Gli investigatori non escludono che il boss, che ha già cinque ergastoli definitivi per omicidio e una condanna a 20 anni per un delitto tentato, recentemente sia tornato a sparare. Forse prendendo parte personalmente alla faida scoppiata nel territorio di Partinico tra Raccuglia e la cosca di Borgetto, che tentava di opporsi allo strapotere del capomafia riuscito, dopo l'arresto di tutti i principali esponenti del clan Vitale, ad estendere il suo dominio fino al confine con la provincia di Trapani. Una faida con otto vittime, combattuta tra il 2005 e il 2009, che ha fatto della zona di Partinico l'ultima enclave in cui la mafia ha risolto i conflitti interni ricorrendo alle armi. Dopo una lunghissima notte nei locali della Mobile di Palermo, Raccuglia, in tarda mattinata, è stato portato nel carcere dei Pagliarelli. Una destinazione provvisoria che potrebbe presto essere sostituita dal carcere duro in un istituto di pena di massima sicurezza, come ha annunciato oggi il ministro della Giustizia Angelino Alfano, "pronto a disporre il 41 bis". Il veterinario non è ancora stato interrogato dagli inquirenti. La legge impone che primi a sentirlo siano i gip che hanno emesso eventuali misure cautelari a suo carico - al momento ce ne è una pendente - e il giudice trapanese che convaliderà il fermo disposto ieri.

 

A Calatafimi, il paese del trapanese dove Mimmo Raccuglia è stato catturato, la gente é scesa subito in strada non appena ha saputo dell'arresto del capomafia apostrofandolo con un insulto bruciante: "scemo, scemo...". Ad Altofonte, paese natale di Raccuglia e di altri boss mafiosi di rango, pochi invece hanno festeggiato. Nella piazza principale del "Parco", come viene chiamato il comune alla periferia di Palermo che domina gli agrumeti della Conca d'oro, bocche cucite di fronte ai taccuini dei cronisti, tranne qualche giovane che esprime soddisfazione per la cattura di un altro capomafia storico. Una soddisfazione condivisa dal sindaco, Vincenzo Di Girolamo: "Per anni - dice - Raccuglia ha macchiato l'immagine di Altofonte e dell'intera provincia di Palermo. Oggi è un giorno di festa per i miei concittadini e per tutti i siciliani onesti che rifiutano la violenza e la sopraffazione, armi con cui la mafia ha umiliato la nostra terra". Toni diversi usa invece il parroco del paese, Nino La Versa, intervistato dalla Rai, che parla con accenti affettuosi dei due figli di Raccuglia, un maschio di 13 anni e una ragazzina di dieci, quest'ultima concepita durante la latitanza del boss: "Sono ragazzi ben educati, che frequentano la parrocchia. Di loro non posso dire che bene". L'abitazione di Raccuglia, dove i due figli abitano con la madre, Maria Castellese, ha le finestre sbarrate. Nessuno risponde al campanello, anche se i carabinieri dicono che i familiari del boss sono in paese. E ad Altofonte abita anche un'altra donna che porta lo stesso cognome, anche se non è parente della moglie di Raccuglia, Franca Castellese, madre del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bimbo di 11 anni sequestrato e ucciso dopo una prigionia durata oltre due anni. Un rapimento deciso dal boss Giovanni Brusca, per convincere il padre del ragazzo, il pentito Santino Di Matteo, anche lui mafioso del "Parco", a ritrattare. Tra le persone condannate all'ergastolo per quell'omicidio efferato figura proprio Mimmo Raccuglia: fu lui a recapitare le ultime lettere scritte dal piccolo Giuseppe al nonno, prima che i suoi carcerieri lo strangolassero con una corda sciogliendo poi il suo corpo nell'acido. "Nonostante il grande dolore che continuo a provare non si plachi, sento per la prima volta di essere vicina alla Giustizia", commenta Franca Castellese, affidando questo messaggio di speranza al suo legale, l'avvocato Monica Genovese. La speranza di un futuro senza mafia ad Altofonte, dove vittime e carnefici rischiano di incontrarsi per strada.