In cima all’elenco è Matteo Messina Denaro. Nato a Castelvetrano nel 1962, il boss della provincia trapanese è considerato l’attuale vertice operativo dell’organizzazione. Ricercato dal 1993, è accusato di associazione mafiosa, omicidio, strage e devastazione. La sua influenza si estende fino ai paesi alle porte di Palermo.
Dopo quello di Messina Denaro spicca il nome di Giovanni Motisi. Cinquantenne ricercato dal 1998, dopo la caduta dei Lo Piccolo, Motisi è ritenuto tra i maggiori esponenti di Cosa nostra nel capoluogo siciliano.
Sempre al territorio palermitano è legato, poi, il nome di Gianni Nicchi. Pupillo del boss dell’Uditore Nino Rotolo, nonostante la giovane età (è nato nel 1981), Nicchi ragiona, agisce e gestisce un potere da boss navigato.
In provincia di Agrigento, invece, è caccia a Giuseppe Falsone, 39enne di Campobello di Licata ricercato dal 1999. Vicino al boss Maurizio Di Gati, di cui ha ricevuto l’eredità “spirituale” nel territorio agrigentino dopo il suo arresto nel 2006, Falsone era citato spesso (indicato col numero 28) all’interno dei pizzini ritrovati nella masseria di Montagna dei Cavalli che fu l’ultimo covo di Bernardo Provenzano.
A Porto Empedocle è un fantasma da dieci anni il 39enne Gerlandino Messina. Figlio del boss Giuseppe Messina, anche lui dopo l’arresto di Maurizio Di Gati, accresce il proprio potere nell’ambito delle cosche agrigentine.
Dal 1995 è presente nell’elenco anche Vito Badalamenti. Nato a Cinisi nel 1954, Vito è figlio di Tano Badalamenti col quale migrò negli Stati uniti nel corso della seconda guerra di mafia. Attualmente si ritiene possa gestire gli interessi della famiglia dall’estero, probabilmente dal Brasile o dall’Australia.
Tra i boss più anziani spicca il nome di Gaetano Fidanzati. 73 anni, inserito nell’elenco dal 2008, è stato condannato a 12 anni al maxi processo alla mafia, ed è considerato a pieno titolo nel gotha dei trafficanti di droga. Ricercato dal 93, infine, è Giovanni Arena latitante vicino alla cosca mafiosa Sciuto-Tigna.