Palazzolo, originario di Alcamo, ma residente a Marsala la mattina dello scorso 14 maggio, in contrada Fossarunza, provocò la morte, con una bastonata alla nuca (cui seguì un infarto), di Antonino Caprarotta, 67 anni, ex dipendente comunale e almeno fino ai primi anni '90 ''affiliato'' alla locale famiglia mafiosa. Per questo sorvegliato speciale. La vittima era fratello di Francesco Caprarotta, scomparso per ''lupara bianca'' nel gennaio 1992, ''consigliere'' dei fratelli D'Amico, allora a capo della cellula marsalese di Cosa Nostra.
Ma l'omicidio di Nino Caprarotta non è stato un delitto di mafia. Come, del rest
o, si intuì subito per le modalità con cui venne commesso. Come emerso, infatti, dalle indagini svolte dai carabinieri, che lo stesso giorno arrestarono Giacomo Palazzolo, fu l'epilogo di una furiosa lite esplosa per motivi passionali.
L'assassino, quella mattina, si era recato presso l'abitazione di Caprarotta con il preciso intento di riportarsi a casa la sua ex convivente, che presso la vittima svolgeva mansioni di collaboratrice domestica, dormendo spesso sotto lo stesso tetto del suo datore di lavoro. E conoscendo la fama di playboy del Caprarotta, a Palazzolo ciò non andava giù. Tra i due uomini scoppiò, quindi, una violenta lite. E il pregiudicato alcamese, che nella colluttazione subì la frattura di un braccio (il suo avversario era fisicamente molto più prestante), appena Caprarotta si girò, voltandogli le spalle, per rientrare nella sua abitazione, gli sferrò un colpo alla nuoca con un grosso asse di legno trovato sul posto. L'ex dipendente comunale, cardiopatico da tempo, stramazzò a terra e fu subito stroncato da un infarto. Palazzolo fuggì con il suo ciclomotore, incrociando poi una pattuglia dei carabinieri del Norm. I primi ad accorgersi di quanto era accaduto e a dare l'allarme furono, intorno alle 9.45, alcuni parenti, che non riuscivano a spiegarsi come mai la vittima, che dopo essere separato anche dalla seconda moglie viveva da solo, non rispondesse al telefono. Fu immediatamente chiamato il 118, ma ormai era troppo tardi. Nino Caprarotta, alto, fisico imponente, baffi, sguardo da duro, abbigliamento sempre molto curato, giaceva, ormai esanime, al suolo. Dalla prima moglie, D.A., ex insegnante elementare, aveva avuto due figli, un maschio e una femmina. Il primo si suicidò diversi anni fa, la seconda è insegnante di scuola media. Un altro figlio lo ebbe dalla seconda moglie. La sua vita fu segnata da tre grandi passioni: i cavalli, i cani e le donne. E proprio a causa di una donna, è stato ucciso.
Antonio Pizzo, La Sicilia