A coordinare l'indagine è il pool diretto dal procuratore aggiunto Teresa Principato e ne fanno parte i pm Paolo Guido e Sara Micucci. L'istruttoria vide partecipe anche l'attuale vice capo di gabinetto del ministro Alfano, l'allora pm Roberto Piscitello. I reati contestati nell'inchiesta in generale sono quelli di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e trasferimento fraudolento di società e valori. Coinvolti professionisti che si sarebbero messi a disposizione di Cosa Nostra e del boss Messina Denaro.
L'avviso di conclusione delle indagini riguarda Vito Angelo Barruzza, 45 anni, il boss di Campobello, Leonardo Bonafede, 77 anni, Giuseppe Bonetto, imprenditore belicino, 54 anni, Leonardo Ferrante, partannese di 65 anni, Lea Cataldo, 47 anni, Salvatore Dell'Aquila, 48 anni, i fratelli Franco e Giuseppe Indelicato, 40 e 36 anni, ed ancora Aldo Luppino, 62 anni, tutti di Campobello. Indagati anche i castelvetranesi Giovanni Salvatore Madonia, 44 anni e Mario Messina Denaro, 57 anni, imparentato col capo mafia ricercato, di Castelvetrano, ed ancora Mimmo Nardo, romano, 50 anni, ritenuto il “falsario” autore di alcuni documenti di identità usati da Matteo Messina Denaro per alcuni suoi spostamenti, anche all'estero, durante la latitanza.
L'operazione “Golem” è ruotata attorno al sopracitato Francesco Luppino, detto lo “zio Franco”, che di recente era uscito dal carcere grazie all'indulto e che presto è diventato un soggetto prezioso per il boss ricercato dal 1993. Il nome di Franco Luppino è emerso anche in alcune intercettazioni relative ad indagini antimafia nella provincia di Palermo.
Contestualmente all'avviso di conclusione delle indagini, la Procura antimafia di Palermo starebbe chiedendo l'archiviazione delle indagini per una serie di soggetti che erano stati raggiunti da avvisi di garanzia ed erano stati oggetto di perquisizione nelle stesse ore in cui venivano condotti gli arresti. Tra i soggetti destinati ad uscire dalle indagini vi sono il castelvetranese Giovanni Garamella, 28 anni, Francesco Mesi, 39 anni, di Bagheria, fratello di Maria Mesi la donna che per un periodo anni addietro avrebbe avuto una relazione col capo mafia latitante; richiesta di archiviazione anche per il partannese Francesco Li Vigni, 47 anni e per il funzionario della Regione Girolamo “Mimmetto” Coppola, 47 anni. Il suo nome era venuto fuori da alcuni pizzini, dove era indicato come “Mimmo Tp”. Per questi soggetti la Procura antimafia ha ritenuto non sufficienti gli elementi per andare verso il processo.