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E' quanto ha dichiarato, ieri, il 49enne pentito agrigentino Calogero Rizzuto, ascoltato, in videoconferenza, dal Tribunale di Marsala (presidente Renato Zichittella) nel processo, per associazione mafiosa, al super boss di Castelvetrano e all'ex ''re
dei supermercati Despar'' in Sicilia occidentale. Grigoli, in particolare, è accusato di avere messo a disposizione di Messina Denaro, al fine di investire gli ingenti capitali del boss di Cosa Nostra, la sua catena di supermercati.
Calogero Rizzuto, ex capomafia di Sambuca di Sicilia, rispondendo alle domande dei pm Sara Micucci e Carlo Marzella, ha raccontato che ''tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005'', assieme a Gino Guzzo, boss di Montevago, si recò due volte a Castelvetrano per cercare di risolvere il ''disguido'' tra Grigoli e Capizzi.
''Con Giuseppe Grigoli - ha detto Rizzuto - ci incontrammo nel magazzino all'ingrosso della Despar. A parlare fu Guzzo. Io me ne stavo poco distante. Andammo lì per chiedere un incontro con Matteo. Grigoli ci disse di tornare tra dieci o quindici giorni e ci avrebbe fatto parlare con qualcuno. Al secondo incontro trovammo Filippo Guattadauro, cognato di Matteo e anche lui nipote di Bernardo Provenzano, che avrebbe dovuto dire l'ultima parola. Cercammo di parlare con Messina Denaro perché con il sistema dei pizzini da far avere a Provenzano si perdeva troppo tempo''.
A questo secondo incontro Rizzuto ha detto di non avere partecipato (''rimasi fuori in auto''). Sarebbe stato Guzzo a parlare con Guttadauro. ''Poi - ha proseguito il pentito - ho saputo che era stato trovato l'accordo e che la somma che Capizzi doveva pagare era quella che diceva Grigoli. Ma dopo Capizzi era venuto meno alla forma di pagamento e per questo Matteo Messina Denaro, dicendo che si era dimostrato un buffone, aveva deciso di ucciderlo''.
Infine, a Rizzuto è stato chiesto se Grigoli (difeso dagli avvocati Antonello Denaro e Paolo Tosoni) faceva parte di Cosa Nostra. ''Non so se era uomo d'onore - ha risposto il pentito - ma con Messina Denaro doveva essere in rapporti molto stretti. Per me, era il suo prestanome».
Antonio Pizzo - La Sicilia