Cascio era già condannato, in via definitiva, per associazione mafiosa in seguito al processo scaturito dalle accuse del pentito Angelo Siino. Sotto sequestro c'è il patrimonio aziendale, societario e personale dell'imprenditore. Secondo gli investigatori Cascio, proprietario di diversi impianti per la lavorazione del calcestruzzo, sarebbe a capo di una vera e propria holding mafiosa già colpita un anno fa da un altro provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo di 400 milioni di euro.
Parte del patrimonio era già stato oggetto di un provvedimento di sequestro penale nel 2008, quando Cascio venne arrestato. La misura fu però parzialmente annullata dal Tribunale del Riesame la cui decisione tuttavia fu "bocciata" dalla Cassazione su ricorso della Procura di Palermo. La circostanza è stata resa nota dal pubblico ministero Roberto Scarpinato che ha coordinato l'indagine patrimoniale che ha portato alla misura. "Il tribunale del riesame - ha spiegato - aveva motivato il dissequestro sostenendo che parte dei beni non era servita alla consumazione del reato, confermando la misura solo in relazione alle imprese di Calcestruzzi attraverso le quali Cascio, grazie al metodo mafioso, esercitava il monopolio nel settore. Contro questa decisione - ha aggiunto - abbiamo fatto ricorso ma, nel frattempo, abbiamo bloccato il patrimonio col sequestro di prevenzione proposto dalla Dia".
"L'imprenditore Rosario Cascio - spiega il pm Roberto Scarpinato - può considerarsi l'interfaccia economico di Matteo Messina Denaro. Abbiamo accertato che col boss latitante aveva rapporti attraverso il mafioso Filippo Guttadauro. Il sequestro del patrimonio pertanto è certamente un colpo formidabile all'economia di Cosa nostra". Scarpinato coordina le indagini sulle infiltrazioni mafiose nell'economia e definisce l'impero imprenditoriale finito sotto sequestro una "straordinaria macchina attraverso la quale la mafia acquisiva consenso". Il magistrato ha anche ricordato il ruolo svolto alla fine degli anni '80 da Cascio nel sistema della spartizione degli appalti: fu infatti condannato in via definitiva nel cosiddetto "processo del tavolino" che mise in luce il sistema dell'illecita aggiudicazione dei lavori ideato da Cosa nostra. Alla fine del 2008 venne nuovamente arrestato, dopo avere scontato la prima pena, "perché - spiega Scarpinato - aveva riprodotto in scala lo stesso sistema nelle province di Agrigento e Trapani".
Il titolare del dicastero della Giustizia si è congratulato per l'esito dell'operazione, "il risultato - ha detto - delle innovazioni apportate nei mesi scorsi in materia di misure di prevenzione. Gli stessi beni sequestrati nel corso di un processo penale a carico di Cascio nella sua fase cautelare, erano stati in parte restituiti al boss a seguito dell'annullamento, da parte del Riesame di Palermo, del sequestro preventivo. Solo attraverso l'inasprimento del meccanismo delle misure di prevenzione adottato nell'attuale legislatura è stato possibile configurare la pericolosità dei beni in quanto tali, a prescindere da quella del loro proprietario, già condannato una volta per associazione mafiosa, ma in tempi ormai remoti, e dunque sottrarli alla disponibilità della criminalità organizzata".
Sono state sequestrate 15 tra ditte individuali e società di capitali operanti prevalentemente nel settore edilizio e intestatarie, tra l'altro, di 200 appezzamenti di terreno nelle province di Trapani e Agrigento; 90 fabbricati (appartamenti, magazzini e autoparchi), 9 stabilimenti industriali, tra cui diversi silos nel porto di Mazara del Vallo; 120 automezzi (autovetture, pale meccaniche, camion, escavatori). Sequestrati altri beni direttamente riconducibili a Cascio e alla moglie, anche per interposta persona fisica e giuridica: 60 appezzamenti di terreno nelle province di Trapani ed Agrigento; 80 fabbricati (ville, appartamenti, palazzine, autorimesse e magazzini) in provincia di Trapani ed Agrigento; 50 veicoli di differenti cilindrate; una imbarcazione da diporto. L'operazione, dicono la Dia e la Guardia di Finanza, ha interessato società operanti nel settore del commercio degli inerti, del calcestruzzo e degli appalti, nonché beni mobili ed immobili ed è il risultato di articolate indagini economiche e patrimoniali svolte sul conto di Cascio e delle società a lui riconducibili nell'arco degli ultimi 30 anni, che hanno consentito di accertare, tra l'altro, la sperequazione patrimoniale.
I beni sottoposti a sequestro sono la «Calcestruzzi Belice» di Montevago, capitale da 400 mila 400 euro, la società «Siciliana Conglomerati» di Partanna, 10 mila euro, «Calcestruzzi Clemente» di Montevago, valore 103 mila euro , ditta individuale lavori edili «Cascio Rosario» di Partanna, ditta individuale «Accardo Maria», Partanna, esercente l'attività di «colture miste viti-olivi-frutticole», «Calcestruzzi srl» di Montevago, capitale da 46 mila 800 euro, «Atlas Cementi», Mazara, «Inerti srl» di Menfi, valore 93 mila euro, quota sociale della «Trasped» di Mazara, azienda di autotrasporto, società «Vini Cascio» di Castelvetrano, valore 100 mila euro, società «Efebo Car srl» di Castelvetrano, capitale 153 mila euro, quota di capitale sociale detenuto nella «Pedone srl» di Partanna, quota di capitale sociale detenuto nella «Castelpetroli» di Castelvetrano, esercente l'attività di «gestione di impianti di distribuzione di carburanti nonché la gestione e l'esercizio di bar, ristoranti, tabacchi, lotto e lotterie in genere», quota di capitale sociale detenuto nella «Saturnia srl» di Partanna, produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli in genere, quota di capitale sociale detenuto nella società cooperativa «L'olivo» di Partanna.
Nell'elenco dei sequestri anche terreni di Castelvetrano, località «Manicalunga», «Zangara», «Petrulla», «Belice del mare», Menfi, Montevago, Partanna «Montagna Corvo», fabbricati, autorimesse e palazzine, alcune anche in corso di costruzione, a Partanna, Menfi, Santa Margherita Belice, fabbricati rurali sparsi in diverse zone del Belice. Sequestrata anche una imbarcazione da diporto, la «Civoleva», una barca da 13 metri iscritta al registro marittimo di Viareggio e poi numerose automobili e conti correnti. valore finale di tutto, 550 milioni di euro.
Cascio - il "cassiere di Cosa nostra", appunto - è stato già condannato, nell'ambito del processo mafia e appalti, con sentenza passata in giudicato, a sei anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso per avere preso parte al noto "sistema Siino", ideato dall'indiziato mafioso Angelo Siino, "ministro dei lavori pubblici" di Cosa nostra. Il 2 settembre del 2008 è stato destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Palermo poiché ritenuto responsabile di avere partecipato a un sodalizio criminoso, organico a Cosa nostra, per acquisire il controllo di attività economiche e realizzare ingiusti vantaggi e profitti dal 1994 al 2008.
Il monopolio del Calcestruzzo. Cascio ha gestito attività economiche e lavori in subappalto, interessi imprenditoriali per conto di esponenti dei clan, assicurandosi il controllo monopolistico del mercato del calcestruzzo e del movimento terra. Con l'intimidazione ha imposto, con altri sodali, il controllo sugli altri operatori economici del settore che, con prezzi concorrenziali, tentavano di inserirsi nelle forniture. Ha avuto rapporti con Filippo Guttadauro, 60 anni, indiziato mafioso, fratello di Giuseppe, 63 anni, medico, già reggente il mandamento mafioso di Brancaccio, sposato con Rosalia Messina Denaro, sorella del celebre latitante, Matteo.