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03/08/2010 05:00:38

Usura, tra silenzio e "zecchinetta". Ma chi non denuncia rischia la condanna

Per le organizzazioni criminali l’usura sembra essere la maggior fonte di profitto. Il sistema è noto. Gli usurati possono essere imprenditori bisognosi di denaro per finanziare la propria attività, ma ci sono anche altri soggetti che si rivolgono agli strozzini per necessità varie.

Una di queste è legata al gioco d’azzardo ed è emersa nel corso dell’ultima operazione svolta dalla Squadra mobile della polizia di Trapani che ha portato all’arresto di due persone. Per Antonio Titone e Roberto Biondo sono scattate le manette proprio mentre incassavano 40 mila euro dalla vittima di turno. A seguito delle perquisizioni è stato trovato un vero e proprio registro contabile in cui gli usurai annotavano nomi e cifre. Il tasso è risultato altissimo: dall’80 al 247% sulla cifra prestata. 700_dettaglio2_usura.jpg

Il sospetto della Mobile di Trapani è che i due arrestati del 24 luglio facciano parte di una organizzazione più vasta. Le indagini portano ad un sistema concentrato sulle bische clandestine legate al gioco della “zecchinetta”, vecchio gioco con le 40 carte che, nel caso in questione, vedeva puntate di migliaia di euro. I “cravattari”, secondo le indagini sono quelli di vecchio stampo: l’amico, il vicino di casa che ti fa il “favore” per coprire le perdite di gioco. Ma il “favore” da 4 mila euro a volte viene ricompensato con 7 mila euro.

Nel trapanese, questo fenomeno delle bische clandestine, in cui si aggirano gli strozzini pronti ad avvinghiare nella morsa dell’usura le vittime più deboli, è molto più esteso di quanto si possa immaginare. Ed è lo stesso capo della Mobile Giuseppe Linares a confermarlo.

Lo scenario di Trapani somiglia molto a quello di Marsala. A seguito delle indagini della Procura lilibetana è venuto a galla un sistema di prestiti illeciti e per cui è in corso un processo. Il procedimento vede come principali imputati, tra gli altri, Giacomo Bilardello, titolare di un negozio di autoricambi, e l’ex direttore dell’agenzia di Petrosino della Banca Popolare di Lodi, Bartolomeo Pacetto. Secondo lo schema delineato dagli inquirenti, il direttore di banca indirizzava verso l'usuraio i clienti in difficoltà, facilitando, inoltre, la gestione degli assegni del Bilardello, presso il quale è stata trovata una valigetta all'interno della quale c'era un vero archivio contabile dettagliato dei prestiti effettuati nonché dei tassi applicati: dal 150 al 450%. Pare che il mondo sommerso del gioco d’azzardo non interessi solo gli strozzini trapanesi ma anche quelli marsalesi. E l’aspetto caratterizzante è che il sistema usuraio legato al gioco d’azzardo si stia concentrando sui vecchi giochi di carte, lasciando da parte le moderne macchine da bar.

Dalle ultime operazioni della polizia ciò che salta all’occhio è il target a cui sono rivolti gli interessi degli usurai (ossia i cosiddetti “malati del gioco”), interessi legati al sistema sommerso del gioco d’azzardo.  Ma un altro aspetto sconcertante è quello del silenzio delle vittime. L’omertà in queste circostanze è dovuta alla paura di ulteriori ripercussioni, oltre che per la vergogna. I due usurai dell’operazione trapanese, Biondo e Titone, non sono stati raggiunti da alcuna denuncia dei propri clienti. Solo un esposto anonimo, e molto dettagliato, inviato in questura dalla moglie esasperata di un giocatore patologico che in passato aveva tentato un percorso di recupero, ha incanalato gli agenti della Mobile verso la pista giusta. Infatti nel registro contabile rinvenuto in seguito all’operazione spuntano circa 200 nomi. Persone che hanno ricevuto denaro da Biondo e Titone ma non ne hanno denunciato i reati, adesso saranno sentiti dagli inquirenti.

Simili atteggiamenti sono emersi da un’altra operazione della polizia, denominata “Black Jackal”, messa in atto ad Alcamo il 24 luglio scorso. Il fenomeno è quello delle estorsioni. L’attuatore, il tunisino Azize Lekhouidi. Il meccanismo, venivano effettuati furti in magazzini e capannoni nelle campagne della provincia sottraendo macchine agricole e beni vari. Il fine, quello di restituire la refurtiva, che spesso era di grossa mole come un trattore, in cambio di denaro. Anche in questo caso è emersa la mancanza di collaborazione con le forze dell’ordine da parte delle stesse vittime del racket. Lekhouidi e la compagna sono stati arrestati grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche.

Le denunce per i reati di usura ed estorsione da parte delle vittime sono poche, a confermarlo è l’Associazione Antriracket e Antiusura di Trapani che lancia un appello alle vittime “ad infrangere il muro del silenzio e della sottomissione”. L’associazione mette anche a disposizione un numero unico: 0923 1858002.

Ma adesso il vento sta cambiando. Soprattutto per il trattamento, nei palazzi di giustizia, delle vittime silenti di usura e racket. A Milano la Procura antimafia ha arrestato un gestore di un bar da anni vittima di usura per ‹‹favoreggiamento›› dei propri usurai. L’imprenditore pur essendo strozzato dai tassi altissimi ha continuato a non collaborare con la polizia anche dopo l’arresto degli strozzini affiliati alle ‘ndrine calabresi. Il gip Gennari ha motivato l’arresto dicendo che questi atteggiamenti omertosi devono essere repressi. La linea dura viene sperimentata da mesi dal procuratore della DDA milanese, Ilda Boccassini, e dal suo staff. La conseguenza è stata la condanna a 4 anni e mezzo ad un altro imprenditore che non ha denunciato i propri usurai.  

 

Francesco Appari