Per avere un’idea delle drammatiche dimensioni della crisi che ha investito il settore dell’agricoltura, basta partire da una cifra: 500.000. Tante sono le aziende che in Italia, tra il 2000 e il 2010, hanno chiuso i battenti. Solo nel 2010, sono state 20 mila le imprese scomparse dal mercato. Secondo una stima della Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, entro il 2013 potrebbero chiudere altre 150 mila aziende. Solo in Sicilia, dal 1990 a oggi, gli ettari coltivati sono passati da 1,6 a 1,25 milioni. Nello stesso periodo, le imprese agricole siciliane che hanno chiuso i battenti sono state 184 mila.
A lanciare l'allarme della crisi del comparto sono gli stessi rappresentanti di categoria che chiedono una deburocratizzazione del sistema di assegnazione degli aiuti. “Il Piano di sviluppo rurale va modificato urgentemente”, ha detto Alfredo Mulè, presidente Coldiretti Sicilia, “le imrpese soffrono la crisi globlale e hanno grossi problemi di redditività ”. “Siamo sempre a inseguire le carte, non è possibile che gli agricoltori debbano spendere 110 delle 274 giornate lavorative a espletare pratiche”, sottolinea Gerardo Diana, presidente Confagricoltura Sicilia, “serve una programmazione chiara e semplice”. Gli fa eco Carmelo Gurrieri, presidente Cia Sicilia, “è necessario che la politica si rende conto del ruolo dell'agricoltura siciliana,la seconda in Italia dopo quella lombarda, e che non si tratta di qualcosa di vecchio e antico ma di una leva di sviluppo che va compresa e aiutata”.
Una programmazione complicata, l'immobilismo del mercato, la concorrenza della grande distribuzione, la burocrazia, tra i principali problemi messi in luce, a cui si aggiunge “il susseguirsi delle rotazioni ai vertici dell'amministrazione dell'Agricoltura che hanno determinato una matassa difficile da dipanare, dove ruoli e competenze si muovono in un percorso labirintico senza uscita”, secondo Antonio Bufalino, responsabile del Cantiere regionale Agricoltura di Un'altra Storia.