Chissà se lo sanno quelle migliaia di viaggiatori che ogni giorno atterrano o decollano da Palermo e Genova. Sarebbe loro diritto, dato che in gioco è la loro sicurezza.
In Sicilia la notizia, purtroppo, è emersa dopo una tragedia sfiorata: un Airbus A319, aereo dell’ultima generazione, ha rischiato di finire in mare, probabilmente perché schiacciato a terra al momento dell’atterraggio dal wind shear. E’ finita con tanta paura, un bel po’ di contusi, ma oggi, senza l’aiuto della buona sorte ci troveremmo a contare i morti. Il motivo della mancanza? Un sindaco ha bloccato l’installazione dell’antenna nel timore che provocasse radiazioni o un danno ambientale. La somma necessaria per l’acquisto sarebbe già stata stanziata, ma da oltre cinque anni dell’antenna neanche l’ombra. E milioni di passeggeri ogni anno rischiano, senza saperlo, la pelle.
E così, scavando un po’, il Fatto Quotidiano ha scoperto che anche altri aeroporti italiani – vicini al mare, quindi flagellati dal vento – non hanno attrezzature adeguate contro il wind shear. Genova, prima di tutti. Sembra impossibile, pensando che proprio sulla pista dell’aeroporto Cristoforo Colombo, nel febbraio 1999, quattro persone rimasero uccise e trenta ferite quando un Dohnier 328 finì lungo in mare. Un incidente incredibile che secondo gli esperti era dovuto, almeno in parte, anche al wind shear. Eppure quelle quattro morti terribili – i passeggeri annegarono nell’aereo che si inabissava – paiono essere state dimenticate.
A sentire una fonte dell’aeroporto vengono i brividi: “E’ vero, l’aeroporto di Genova attualmente è sprovvisto della speciale antenna che rileva le improvvise raffiche di vento e i vuoti d’aria avvertendo così i piloti”. Come è possibile? La risposta è ancora più agghiacciante: “L’apparecchio era stato installato, ma due anni fa è stato distrutto da una mareggiata e da allora non è più funzionante”.
Questo accade nel silenzio più assoluto, senza che i viaggiatori che volano nelle frequentissime giornate di vento ne sappiano nulla. E chissà che cosa direbbero se sentissero le spiegazioni di un dipendente dell’aeroporto che preferisce restare anonimo. Come ci si regola allora per evitare le catastrofi provocate dal wind shear? “Facciamo come in passato. Se un pilota atterrando o decollando si accorge del pericolo avverte la torre di controllo che subito avvisa gli altri piloti”. E qui sorge spontanea una domanda? E se il primo pilota che si accorge del pericolo è proprio quello che precipita con il suo aereo e con decine, centinaia di passeggeri?
Purtroppo la lista degli aeroporti italiani sprovvisti del fondamentale apparecchio potrebbe proseguire. Secondo un esperto interpellato dal Corriere della Sera, anche l’aeroporto di Reggio Calabria sarebbe nella stessa situazione.
Ma che cos’è esattamente il wind shear? Una massa d’aria, una mano invisibile che schiaccia l’aereo a terra. O che, al contrario, gli fa mancare improvvisamente l’aria sotto le ali. Ed ecco il disastro. Il sito specializzato www.airdisaster.com indica decine di incidenti aerei provocati dal wind shear.
Però da decenni esiste un’antenna, uno speciale radar, capace di avvertire per tempo il pilota. Un sistema ormai affidabile e installato quasi ovunque. Negli scali dei paesi stranieri – almeno quelli minimamente evoluti – lo strumento è presente. Ad Hong Kong, per dirne uno, i sistemi in funzione sono addirittura cinque. In America negli anni ’80 già oltre cento aeroporti erano muniti di strumenti per individuare gli sbalzi di vento.
Ma in Italia no. A Palermo non c’è e, come ha scoperto il Fatto Quotidiano, almeno anche a Genova. Per Reggio Calabria manca una versione ufficiale.
Circa l’83% dei disastri aerei avvengono nelle fasi di decollo (41%) e soprattutto di atterraggio (43%), in quella manciata di minuti successivi alla partenza o immediatamente precedenti l’arrivo. Proprio quando la minaccia del wind shear è in agguato. E infatti, secondo i piloti, questa è la peggiore insidia per gli aerei, molto più dei guasti ai motori o dei volatili che si infilano nei reattori. Cento volte più degli attentati.
Forse, se i passeggeri lo sapessero, sceglierebbero un altro scalo. Ma nessuno li avvisa dei rischi che corrono.
Fonte: Il Fatto Quotidiano