dei prodotti che degli aiuti comunitari tardano ad arrivare, non favorendo cosi la relativa liquidità essenziale per la a capitalizzazione dell’azienda.
L’agricoltura non ce la fa più. Dura è la denuncia di molti agricoltori come Giovanni di anni 35, Girolamo di anni 45, Enzo di anni 42, franca di anni 48, Gisella di anni 32 Lillo di anni 20 e tanti altri agricoltori giovani e meno giovani di campo bello di M. costretti da qui a qualche giorno a chiudere la propria azienda.
Oggi tutto questo è la conferma di un fallimento della politica, dei nostri governanti , nonché la totale impossibilità per gli imprenditori del settore olivicolo di far quadrare i conti di fine anno.
In campagna non si copre più il 50% dei costi di produzione. Vogliamo aspettare che le aziende muoiono prima di fare qualcosa afferma il presidente della Cia Dino Luppino “ non si può fare bilancio con i risparmi, con i soldi della misera pensione,o con attive integrative magari marginali.
L’agricoltura siciliana ha bisogno di politiche serie e di interventi realmente incisivi, gli agricoltori vogliono concretezza , basta alle polemiche e ai giochi di potere , si parla di rimpasti , di un nuovo ministero, di nuovi assessori , tutto ci risulta assurdo, si registra un assoluto silenzio sui problemi reali delle aziende, sui redditi falcidiati, sui costi produttivi, contributivi e burocratici in drammatica ascesa.
L’imprenditore agricolo deve riuscire a sostenersi grazie ai frutti della terra, del suo lavoro cosa che oggi non avviene più perché qualsiasi prodotto viene sottopagato.
Ma non siamo che, alle prime avvisaglie e presto fare un bilancio per la produzione del 2010, sicuramente sarà una annata di elevata produzione più del 50% dello scorso anno con una stima che va nella media delle annate cosidette di carica 30-40.000 ton, la cui qualità delle olive sarà sicuramente eccellente, ma se da un lato i numeri sono a nostro favore, dall’altro le tendenze e le previsioni di mercato non sono per niente rassicuranti.
Le debolezze strutturali del comparto ancora una volta danno spazio alla speculazione commerciale che ogni anno si perpetua ai danni degli agricoltori. Siamo a metà strada ma verso la fine di autunno si comincerà a contare le vittime con questi prezzi riferiti ad oggi: l’olio a euro 3,00/Kg , l’Uva a 15 cent, le olive a 70-80 cent. angurie a 10 cent,
Le nostre aziende la cui entità aziendale piccola non supera i 5 ettari non competitiva non può reggere con i mercati della spagna e grecia più organizzati e agguerriti, insomma se non ci organizziamo con la globalizzazione saremo spiazzati Via.
Gli agricoltori non sono gli unici ad essere bersaglio della crisi il consumatore è massacrato da prezzi esorbitanti, mettendo in evidenza che nella filiera agroalimentare esiste una forbice troppo larga tra i prezzi all’origine e quelli al consumo.
Oggi un agricoltore riceve 30 centesimi per le pesche e ne spende 38 per produrli, ma quanto costano al supermercato? Un olivicoltore per le olive da mensa riceve 60- 70 centesi al Kg per poterli raccogliere ne spende 1-1,20, ma quanto costano al supermercato? Un olivicoltore di olive da olio ricava circa 3,00 euro al kg ne spende più di 4 al kg con questi numeri come si può fare imprese, la denuncia viene dal presidente dell’Associazione produttori olivicoli per la Nocellara del Belice Lillo Giorgi il quale conferma lo stato di crisi del settore mai registrata dal dopoguerra in qua “ bisogna agire presto prima che sia troppo tardi”.In 10/15 si fa presto a mettersi d’accordo, mentre le migliaia di agricoltori non riescono a farsi valere.
In loro e diffuso un tale disimpegno ed una sterile rassegnazione che spegne ogni speranza di cambiamento e su questi temi che l’associazione dei produttori di campo bello da anni sta cercando di combattere diffondendo forme approccio diversi, sia rispetto al mercato con un radicale ammodernamento del settore della produzione, trasformazione e commercializzazione del prodotto sia rispetto ad una mentalità individualista, conservatore e radicale dell’agricoltore che va cambiata, soprattutto nelle nuove generazioni.
La presenza dell’ associazione produttori, del consorzio di tutela Dop, del Distretto olivicolo “terre d’Occidente” dimostrano come gli strumenti per avviare e consolidare forme di cooperazione esistono già e come sia necessaria una campagna mirata a sensibilizzare i produttori dell’area rispetto ai vantaggi dell’utilizzo di tali strumenti.
I Pagamenti non solo sono sempre più bassi di anno in anno, ma arrivano sempre più tardi, costringendo gli imprenditori ad indebitarsi.
Si e continuato a sperare in annate migliori, con il risultato che ogni anno la situazione è peggiorata.
Nel territorio abbiamo più di 5000 aziende agricole di piccole dimensioni delle quali più del 50 % si trovano in serie difficoltà per mancanza di liquidità . Sono più di 10.000 gli ettari destinati a questa coltura con una produzione stimata >300.000 ql pari al 43% della produzione nazionale. (68.453 tonnellate).
l’Italia è un paese deficitario di olive da tavola , infatti l’importazione è più che tripla rispetto all’esportazione, i consumi negli ultimi anni sono in lieve ripresa con un dato medio di 137.000 tonnellate pari a circa 2,3 kg pro capite annui, di cui circa il 57% è costituito da olive di importazione (80.000 tonnellate).
Il saldo ampiamente negativo degli scambi commerciali con l’estero in un paese come il nostro vocato all’olivicoltura evidenzia una situazione di difficoltà attribuibile nella fase agricola, alla necessità di razionalizzare e specializzare la coltivazione, nella fase industriale alla necessità di dover concentrare l’offerta per ridurre i costi di lavorazione e trasformazione.
Alla fine del ragionamento viene spontaneo chiedersi quali sono le ragioni della crisi: da una parte abbiamo la presenza di una varietà di oliva la Nocellara del Belice a marchio Dop richiesta in tutti i mercati , ma al di la di ciò che cosa ci resta tra le mani? Sarà possibile un rilancio? Non è facile dirlo , perché finora il comparto non è ancora pronto per il grande salto .
Lo sviluppo del settore necessariamente deve passare da un cambio di mentalità culturale e da un nuovo approccio di filiera , dove gli operatori date le ridotte dimensioni del settore devono fare sistema fra di loro promuovendo il valore aggiunto delle olive, (costituito dalla loro storia,cultura, radicamento nel territorio, presenza negli usi, costumi e tradizioni locali) e rilevanza nel contesto paesaggistico e gastronomico del nostro territorio.