Nell'ultima udienza dinanzi al gup prima della sentenza, la prima da quando l'ex presidente della Regione siciliana è in carcere a Rebibbia per scontare la condanna a sette anni per favoreggiamento a Cosa nostra resa definitiva dalla Cassazione, il pm Nino Di Matteo insiste nella richiesta di pena a 10 anni di reclusione.
In aula, come i suoi legali avevano annunciato diversi giorni fa, Cuffaro non è presente. La difesa vuole evitare il passaggio dell'ex senatore, del quale proprio ieri Palazzo Madama ha approvato le dimissioni, in carceri siciliane. In apertura di udienza il pm Di Matteo ha depositato la sentenza definitiva di condanna a Cuffaro del processo alle "talpe" e anche il documento che certifica l'iscrizione nel registro degli indagati di Massimo Ciancimino per concorso esterno in associazione mafiosa.
"L'attività di infiltrazione di Cosa nostra nella politica ha trovato spazio a un livello istituzionale così alto come quello rappresentato all'epoca da Salvatore Cuffaro", ha detto Di Matteo, il quale ha ribadito che la procura "non ha alcuno intento persecutorio nei confronti dell'ex senatore".
Di Matteo si è soffermato a lungo sulla possibilità di configurare il reato di concorso in associazione mafiosa, nonostante la condanna per favoreggiamento aggravato. Il magistrato ha così citato gli altri protagonisti della vicenda: da Michele Aiello a Mimmo Miceli, da Giorgio Riolo al pentito Francesco Campanella.
"Formavano un sistema di relazioni strettamente connesso e collegato a Cuffaro. Tutti gli altri - ha sottolineato Di Matteo - sono stati condannati per concorso esterno o per associazione mafiosa, come Aiello e Campanella, e con sentenze definitive". L'ex governatore, secondo l'accusa, "consapevolmente e più volte ha manifestato disponibilità in favore dell'ala di Cosa nostra più vicina a Bernardo Provenzano".
La sentenza è attesa per la prossima udienza, il 16 febbraio, quando il giudice Vittorio Anania deciderà anche sulla richiesta di "ne bis in idem" presentata dalla difesa che sostiene che Cuffaro non può essere processato due volte per lo stesse reato.