“Non vi è stata una assoluta esclusione della colpevolezza, ma solo un “ragionevole dubbio” e per questo motivo il presidente di Telesud Massimo Marino ed il direttore Rocco Giacomazzi sono stati assolti con sentenza di primo grado confermata in secondo.
In pratica, secondo il giudice, non sarebbe stata raggiunta la prova che i servizi giornalistici fortemente critici nei confronti dell’Amministrazione fossero finalizzati al rinnovo della stipula della convenzione con l’Amministrazione stessa e ciò non consente di configurare “al di là di ogni ragionevole dubbio” il reato di tentata estorsione.
Non viene negato in alcun modo nella sentenza l’atteggiamento “ritorsivo” dell’emittente nei confronti dell’Amministrazione ed anzi lo stesso atteggiamento “ritorsivo” è stato stigmatizzato, censurandolo, dal procuratore generale nel processo di secondo grado.
Ma la ritorsione non era il reato oggetto del processo, in quanto la pubblica accusa aveva configurato un diverso reato”.
Lo afferma il Sindaco Girolamo Fazio, a seguito della sentenza di assoluzione di presidente e direttore di Telesud, processati per tentata estorsione .
“Quella che è mancata – ed è solo ed esclusivamente questo il motivo per cui il giudice ha assolto presidente e direttore dell’emittente – è la certezza assoluta del nesso consequenziale, in base al quale se fosse stata stipulata la convenzione sarebbe cessato l’atteggiamento ritorsivo – ha spiegato il Sindaco -. Testualmente la sentenza afferma: “Secondo l’accusa, l’emittente avrebbe accentuato i toni della critica, che pur rimanendo nei limiti della liceità risultava sgradita all’amministrazione, abituata ad una linea amica, con il deliberato fine di indurre il Fazio a stipulare la convenzione. Ma questo passaggio non è suffragato da elementi di prova che consentano di affermarlo con il grado di certezza richiesto per una sentenza di condanna: “al di là di ogni ragionevole dubbio””.
Il giudice pertanto, dovendo emettere una decisione per un reato, contestato dalla Procura, di tentata estorsione, ha ritenuto di non poter sostenerne l’esistenza “al di là di ogni ragionevole dubbio”. E ciò perché chi doveva dissipare quel dubbio, per motivi che non mi sento di giudicare, ha deciso di non farlo”.
Il Sindaco afferma poi che “rimane il fatto che il processo, ancorché svolto con il rito abbreviato, ha accertato che, guarda caso in coincidenza con il mancato rinnovo della convenzione, l’emittente televisiva ha messo in atto atteggiamenti ritorsivi nei confronti dell’Amministrazione. Se questa è libertà di informazione….
Il giudice, per inciso, fa riferimento anche alla posizione di Giacomazzi sostenendo che la frase asseritamente pronunciata “non lo tengo più” (Marino), riferita dal sindaco, sarebbe da intendersi come relativa “proprio alla inusuale linea editoriale che l’emittente stava intraprendendo quale momento di vendetta, di ritorsione”.
Come sappiamo, esiste una verità processuale che non sempre coincide con la realtà e nella nostra realtà, in cui si preferisce il silenzio se ciò può essere conveniente ed utile, chi ha il coraggio di denunciare un sopruso rimane spesso soccombente ed isolato.
Ribadisco che nella mia vita non mi farò mai e poi mai condizionare da nessuno e per nessun motivo.
Si precisa infine che non è mai stata sporta querela per diffamazione e poiché questo è un reato per il quale si procede per querela di parte nessun giudice ha mai potuto ritenere di “non doversi procedere” in quanto il reato stesso non era stato contestato e non ha mai fatto parte del processo. Peraltro ciò che veniva contestata non era la critica, laddove corretta e legittima, ma l’impossibilità di poter esercitare il diritto di replica, previsto dalla legge”.