Il dato più importante emerso è che sino al 1997 di mafia nelle indagini del delitto Rostagno non se ne è parlato. Lo fece solo l'ex capo della Mobile Rino Germanà. Pampillonia seguì invece la pista interna, i contrasti dentro la comunità Saman, il litigio tra Cardella e Rostagno.
10,00 - L'aula della Corte di Assise di Trapani si va riempiendo per la nuova udienza del processo per il delitto del giornalista Mauro Rostagno. Oggi testi chiamati a deporre saranno l'ex capo della Digos di Trapani, il vice questore Giovanni Pampillonia, e l'ispettore della Digos, Pietro Amodeo. Si parlerà con loro del l rapporto investigativo che nel 1996 portò all'operazione "Codice Rosso": la famosa pista interna alla comunità Saman. Fu arrestata Chicca Roveri, la compagna di Mauro, accusata di favoreggiamento,Cardella fu accusato di essere il mandante del delitto. L'indagine finì con l'archiviazione.
Ci sono tanti misteri che emergono nel processo Rostagno. Sopratttutto nell'ultima udienza, dove hanno testimoniato alcuni investigatori dell'epoca, sono emersi alcuni particolari non secondari.
QUELLA FRASE SU CALABRESI. Il sociologo torinese avrebbe definito l’uccisione del commissario Luigi Calabresi un errore di gioventù. Il luogotenente Beniamino Cannas, che ha firmato il rapporto contenente quella frase, fornisce una diversa interpretazione. Mauro Rostagno ricevette, un mese prima della morte, un avviso giudiziario nell’ambito delle indagini sull’uccisione del commissario Luigi Calabresi, assassinato il 17 maggio del 1972 a Milano. Il sociologo si dichiarò completamente estraneo al delitto ed annunciò di essere pronto a chiarire la sua posizione. Nel corso di un incontro con il luogotenente avrebbe pronunciato quelle parole. L’investigatore, nell’ambito del processo ai presunti assassini del sociologo, ha provato a chiarire: “Incontrai casualmente Mauro Rostagno in via Torrearsa, nel centro di Trapani. Ricordo che era insieme con Chicca Roveri. Parlammo per circa dieci minuti di diversi argomenti. Ricordò che accennò anche all’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ma escludo che quando pronunciò quella frase si riferisse al delitto”. “Ma leggendo il suo rapporto questa è l’unica interpretazione”, ha obiettato il pubblico ministero. “Credo che quando parlò di errore di gioventù si riferisse alla sua partecipazione a Lotta Con-tinua”, ha ribattuto il luogotenente. Nel corso della lunga e controversa inchiesta sulla morte del sociologo era stato ipotizzato, tra le altre cose, che Mauro Rostagno fosse a conoscenza di circostanze sul delitto e volesse renderle pubbliche. Un’ipotesi che però non è stata ritenuta percorribile. Come quella interna che vedeva coinvolto, tra gli altri, anche l’ex leader di Saman Francesco Cardella, amico di Mauro Rostagno. “I rapporti tra i due si erano incrinati”, ha confermato Beniamino Cannas. “Era notorio”.
CHI HA FATTO LE INDAGINI? "Non abbiamo capito chi ha fatto queste indagini, siamo molto pazienti ma...". L'ha detto il presidente della corte d'assise di Trapani, Angelo Pellino, al processo a carico degli autori dell'omicidio di Mauro Rostagno, durante la deposizione del teste Beniamino Cannas, luogotenente dei carabinieri che all'epoca prestava servizio nel reparto operativo dell'Arma di Trapani. Il sottuffuciale, più volte, ha detto di non aver mai avuto affidate le indagini sul delitto e di aver effettuato soltanto alcuni accertamenti. Nelle precedenti udienze, due ufficiali dei carabinieri, Elio Dell'Anna e Nazareno Montanti, invece, avevano indicato proprio Cannas come uno dei militari impegnati nelle indagini. Il pm Gaetano Paci ha intanto chiesto l'acquisizione di tutte le dichiarazioni rese ai carabinieri, come persona informata sui fatti, da Rostagno. La richiesta è scaturita dal fatto che Cannas, nella precedente udienza, aveva detto di aver incontrato Rostagno solo occasionalmente omettendo di riferire che in più occasioni era stato sentito formalmente in caserma. In una di queste l'ex esponente di Lotta continua aveva riferito a verbale di un incontro, svoltosi all'inizio degli anni Ottanta, tra il boss di Trapani Mariano Agate e Licio Gelli. INDAGINI?
LO SCONTRINO. Uno scontrino fiscale avrebbe potuto condurre gli investigatori al boss Vincenzo Virga già ventitré anni fa. È quanto è emerso nel corso dell’audizione del luogotenente Beniamino Cannas. L’investigatore ha riferito che in occasione del ritrovamento in una cava della vettura che sarebbe stata presumibilemnte usata dai sicari fu rinvenuto uno scontrino fiscale emesso da una macelleria. Il titolare dell’esercizio commerciale era Francesco Virga, nipote del boss, che sentito dagli investigatori, non fu in grado inizialmente di fornire indicazioni. Alcuni operai, individuati successivamente dai carabinieri, riferirono di avere arrostito della salsiccia presso la cava nella stessa giornata in cui era avvenuto il delitto. Il luogotenente non ha saputo riferire però se furono verificati gli alibi forniti dai soggetti e se furono svolti ulteriori accertamenti. All’epoca la figura di Vincenzo Virga non era ancora emersa nell’ambito delle indagini di magia. “Certo, quello scontrino, letto a posteriori...”, ha commentato il luogotenente.