La Cassazione nelle 215 pagine di motivazioni depositate oggi spiega il perché, lo scorso 21 febbraio, ha reso definitiva la condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra nei confronti di Totò Cuffaro. Nelle motivazioni, la Suprema Corte parla di un "accordo criminoso ben preciso".
La sentenza 15583, sposando in pieno la tesi sostenuta dalla Corte d'appello di Palermo il 23 gennaio 2010, ricorda anche gli incontri a cui avrebbe preso parte anche il neo ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. In particolare, riferendo degli incontri con Angelo Siino, piazza Cavour sottoscrive il giudizio dei colleghi di merito in riferimento alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 1991 nelle quali Cuffaro era candidato.
"In tale occasione Cuffaro - ricorda la Cassazione rifacendosi al giudizio di merito - ammetteva di essersi recato, insieme a Saverio Romano, dal Siino per chiedergli sostegno alla propria candidatura". Tra l'altro, annota ancora la Cassazione, "Angelo Siino, successivamente al 1991 tratto in arresto e poi divenuto collaboratore di giustizia, ha riferito della visita degli allora giovani Cuffaro e Romano nella quale entrambi gli chiedevano apertamente sostegno elettorale".
La Cassazione, nel convalidare la condanna a sette anni per Cuffaro, parla di un "quadro complessivo certamente caratterizzato dall'accertata sussistenza di ripetuti contatti con vari esponenti dell'organizzazione, e ciò spiega quale sia stato l'atteggiamento psichico dello stesso all'atto della rivelazione della notizia al Miceli e al Guttadauro e, cioè, al capo del mandamento mafioso di Brancaccio con il quale aveva stipulato un accordo politico-mafioso concernente interessi mafiosi - così agevolando, con il trasmettere la notizia relativa alle indagini che vertevano anche su tale rapporto, indagini che subivano così una gravissima interruzione e che venivano irrimediabilmente compromesse - soggettivamente e oggettivamente l'associazione criminale".
La Suprema Corte in via definitiva accerta la sussistenza della aggravante di mafia nei confronti dell'ex governatore della Sicilia. "Non vi è alcun dubbio che l'imputato - scrivono gli 'ermellini' - facendo pervenire la notizia al Guttadauro, intendesse agevolare il sodalizio facente capo a quest'ultimo, giacché il Cuffaro, dichiaratosi disponibile ad accogliere le richieste del capomafia, era perfettamente a conoscenza che la candidatura del Miceli, indicata dal capomandamento e accettata dall'uomo politico, era funzionale agli interessi dell'associazione da sempre impegnata nel progetto di infiltrazione mafiosa, e che ciò riguardava non solo il candidato Miceli ma anche lo stesso futuro presidente della Regione, partecipe del patto illecito".