E viene da mangiarsi le mani, se si pensa che tutto ciò, se non ci fossero stati depistaggi e inerzia, si sarebbe potuto fare prima, quanto meno per ristabilire una serie di fatti e circostanze.
Nell’ultima udienza ha parlato Gianni Di Malta, e ha raccontato un sacco di cose interessanti.
Ad esempio, che anche era convinto che il delitto fosse maturato nell'ambito di Cosa Nostra. «Mauro è stato ucciso da Mariano Agate», disse all’ ex cameraman dell'emittente televisiva in cui lavorava Mauro Rostagno. Il sociologo torinese, ha confermato il teste, era stato pesantemente minacciato dal boss, durante il processo per la morte del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Anche l'editore Puccio Bulgarella, ha ricordato Gianni Di Malta, pensava che si trattasse di un delitto di mafia. «O l'ha ucciso la grande mafia o io o Cardella», disse un giorno ad un interlocutore. «Io no perché sarei andato contro i miei interessi, Cardella non credo, fai tu».
L'ex cameraman ha confermato che l'ex sociologo custodiva una videocassetta sulla sua scrivania, accanto alla fotografia della figlia Maddalena. Non è stato in grado di riferirne il contenuto. Rostagno, nell'ultimo periodo, era solito chiudere la porta del suo ufficio a chiave. Quando la sera del delitto, Gianni Di Malta giunse in televisione la stanza era aperta. «Non so chi l'avesse aperta», ha riferito. «Inizialmente non diedi peso a quella videocassetta. Soltanto nel corso di un interrogatorio, quando mi fu chiesto di un'audiocassetta su cui Mauro registrava le telefonate anonime che giungevano in redazione, mi ricordai di quel filmato».
L'ex cameraman Gianni Di Malta ha confermato, nel corso del processo, che Mauro Rostagno era in possesso di una telecamera che custodiva all'interno del suo ufficio. «Un giorno volle spiegato come riversare i filmati amatoriali in un sistema professionale. Gli disse che avrei potuto farlo io ma lui rispose che avrebbe fatto da solo».
Mauro Rostagno stava forse per mollare. Poche ore prima di morire disse a Gianni Di Malta, cameraman di Rtc, l'emittente televisiva in cui operava, che non si sarebbe più occupato di politica. Una decisione improvvisa maturata nell'arco di poche ore. «Nel corso dell'ultima settimana il suo umore era cambiato», ha riferito Gianni Di Malta, deponendo nell'ambito del processo ai presunti assassini, che si celebra dinanzi la Corte d'Assise di Trapani.
Nell’ultima udienza ha parlato anche Andrea Grandi, ai tempi dell’omicidio ospite della comunità. Secondo Grandi Francesco Cardella apparve sorpreso, quando, la sera del 26 settembre del 1988, gli fu comunicata, al telefono, la notizia della morte di Rostagno. Dopo l'agguato, Elisabetta Roveri, compagna della vittima, si precipitò sul luogo del delitto. Andrea Grandi l'accompagnò in auto. Elisabetta Roveri gli disse di avvertire Francesco Cardella, che si trovava a Milano, e di chiedergli se la figlia Maddalena potesse vedere il padre. Andrea Grandi ai giudici ha ricordato che tornò a piedi in comunità e telefonò a Francesco Cardella. Gli comunicò la notizia e gli chiese se Maddalena potesse vedere il padre. L'ex guru di Saman rispose che era meglio di no e disse che avrebbe preso il primo volo per la Sicilia.