I fatti riguardano la costruzione di 600 alloggi in cooperativa a Trapani. Alloggi che dovevano sorgere in terreno agricolo e che la costruzione era in mano a Cosa nostra. Pellegrino avrebbe dovuto adoperarsi per cambiare la destinazione d’uso dei terreni e in cambio di ciò, come hanno riconosciuto i giudici, ha ricevuto dei soldi dalla mafia. Si parla di un milione di vecchie lire per alloggio. I soldi provenivano da Francesco Pace, capomafia trapanese, e Leonardo Barbara, ingegnere specializzato in progetti per case in cooperativa e in rapporti con uomini di Cosa nostra. I due sono stati condannati (5 anni Pace, 3 anni e mezzo Barbara) perché è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa, hanno cioè favorito l’associazione criminale consapevolmente. Bartolo Pellegrino invece secondo i giudici di primo e secondo grado questa consapevolezza non l’aveva, perciò è caduta l’aggravante mafiosa. I giudici hanno comunque constatato il comportamento poco etico di Pellegrino descrivendo in sostanza che l’uomo politico non sapeva di favorire la mafia, ma si è fatto comunque corrompere. Ma il reato di corruzione non è più punibile per prescrizione. I magistrati della DDa di Palermo hanno presentato il ricorso in Cassazione sostenendo invece che Pellegrino stava intascando le mazzette sapendo che arrivassero dalla mafia e che la stesse favorendo.
Nino Birittella, imprenditore ex presidente del Trapani Calcio, arrestato nel 2005 per mafia e oggi collaboratore di giustizia, venne intercettato proprio mentre parlava della spartizione dei soldi con Bice Ruggirello, all’epoca nello staff di Pellegrino. Soldi che dovevano servire per dare una spinta alla delibera alla Regione per cambiare la destinazione d’uso dei terreni su cui dovevano sorgere gli appartamenti. “Bice, tutto quello che dici tu, io l’importante che parlo chiaro con le imprese, gli dico: picciotti un milione per Bartolo, perchè poi io lo so che c’è un milione per Bartolo un milione per Peppe, un milione per Ciccio”.
Dal processo di secondo grado è emerso che Pellegrino non si sarebbe mosso in Regione senza le dovute garanzie dalle cooperative costruttrici che avevano come punto di riferimento Giuseppe Todaro, perché già in passato non erano stati rispettati gli accordi. Garanzie che né Todaro né Barbara erano in grado di dargli. Perciò si sarebbe mosso direttamente Birittella, il solo uomo con cui Pellegrino avrebbe voluto parlare per la faccenda. E secondo i magistrati questa volontà derivava dal fatto che l’ex vice presidente della Regione fosse a conoscenza dell’influenza in seno a cosa nostra locale, all’epoca, di Birittella.