Salvatore Longo, 59 anni si è sfogtoa davanti ai carabinieri che lo stavano arrestando. I militari di Cammarata hanno registrato le sue parole a sua insaputa. Ha parlato ripetutamente di un «mister Bean», «che fa le cose e non se ne accorge nessuno». E alla fine questo sfogo è diventato uno dei punti di forza delle contestazioni contro Angelo Longo, individuato come il personaggio cui si riferisce il cugino più anziano. Angelo Longo j, 48 anni, è ora l’ultimo presunto carceriere del figlio del pentito Santino Di Matteo ad essere stato individuato dagli investigatori dell’Arma, coordinati dal pm della Dda di Palermo Giuseppe Fici.
Oltre ad una condanna per associazione mafiosa, come capo e promotore della «famiglia» di Cammarata, rischia l’ergastolo perché avrebbe fatto parte del gruppo che, in provincia di Agrigento, tenne prigioniero il ragazzino, rapito all’età di 13 anni, il 23 novembre 1993, e sottoposto a una lunga peregrinazione, da un capo all’altro delle province di Palermo, Agrigento e Trapani, prima di essere ucciso, il 12 gennaio 1996, a Giambascio, San Giuseppe Jato. L’ordine di strangolarlo fu dato da Giovanni Brusca.
Salvatore Longo era stato incastrato dalle dichiarazioni dei pentiti Nino Giuffrè, Ciro Vara, Maurizio Di Gati e Luigi Putrone. Il suo avvocato, Enzo Fragalà, assassinato nel febbraio2010, al processo aveva parlato ripetutamente di un «mister Bean», al cui posto il suo cliente stava pagando il conto. Perché ad esempio Putrone, a Cammarata, aveva avuto contatti e scambi, per quel che attiene a questioni di mafia, con Angelo e non con Salvatore Longo. E il pentito mostra di fare confusione tra i due cugini. Anche Giuffrè parla del «figlio di Luigi Longo »,ma non è preciso sull’identità del cugino coinvolto. I due parenti hanno poi vissuto sempre molto vicini, lavorando in aziende collegate e attigue. Di questi possibili dubbi Fragalà aveva fatto l’oggetto della sua arringa. Gli elementi contro Angelo Longo sono venuti fuori comunque e l’anno scorso l’uomo è stato arrestato per mafia. La Procura gli contesta anche il sequestro Di Matteo, ma la sua posizione è al centro di un braccio di ferro: la Cassazione e il riesame, che ha recuperato quella registrazione di quattro anni fa, sostengono che gli indizi ci sono, ma gli avvocati Michele Giovinco e Maria Brucale sostengono che quello sfogo non è tecnicamente utilizzabile. Però quelle parole sono abbastanza chiare: «Maresciallo, io di nuovo non sto raccontando nulla, sto dicendo quello che dicono le carte del processo. Stiamo parlando di fatti, non di fantasie mie, di cose che sanno tutti. Mia sorella un giorno mi ha detto: “Totò, ma ti sembra giusto? Come, tu ci hai badato due anni e mezzo (al piccolo Di Matteo, ndr) e non se ne accorge nessuno?”. E io le ho risposto: “Ma se non se ne accorgono loro non posso essere io a dirglielo”. Voi non lo sapete? Lei, maresciallo, non lo sa? Lei pensa che la Procura queste cose non le sa? Al capitano io gli ho detto che gli facevo il cruciverba, ma lui doveva trovare la soluzione...».