"Possiamo sempre fare qualcosa" organizzata dal Senato a venti anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio e rievoca lo sgomento di chi, come lui, risiedeva proprio nelle vicinanze di via D'Amelio. Era il 19 luglio 1992 quando esplose l'autobomba che falcio' Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. "Non capii subito -ricorda la seconda carica dello Stato- cosa significasse quel mini-fungo quasi da bomba atomica che si alzava a poche centinaia di metri da dove abitavo. Non dimentichero' mai il silenzio agghiacciante, di morte, e poi l'arrivo delle forze dell'ordine, con le sirene, gli elicotteri". Nel suo saluto agli studenti, Schifani sottolinea che gli attentati che costarono la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino "non furono la vittoria della mafia, ma l'inizio della sua sconfitta, l'inizio della vittoria dello Stato che mando' i suoi uomini migliori a respingere l'aggressione mafiosa in nome di una comunita' civile e di un Paese uniti e forti". Schifani, che rende omaggio anche ad un altro martire della lotta alla mafia, Pio La Torre (cui si deve la legge Rognoni-La Torre sul sequestro dei patrimoni dei mafiosi), ricorda che oggi le cose sono cambiate in meglio ma "guai a dare per definitiva la vittoria dello Stato" anche se "ora in Sicilia la gente ha cancellato la parola omerta'" e ci sono segnali fondamentali come "la decisione di Confindustria di espellere quegli imprenditori che non denunciano il pizzo di cui sono vittime, quel pizzo che e' il prezzo del mancato sviluppo della Sicilia". Il messaggio ai giovani e' chiaro: perche' una societa' vada bene, si muova nel progresso e prosperi verso undomani migliore, "basta che ognuno faccia il suo dovere". Parole di Giovanni Falcone.