I pm di Palermo che accusano l’ex manager di Publitalia di estorsione ai danni di Berlusconi vogliono capire che fine abbiano fatto i soldi, trasferiti inizialmente su un conto italiano della moglie del senatore, Miranda Anna Ratti, e a breve giro su un altro conto della donna in una banca di Santo Domingo. Versamenti e trasferimenti sono avvenuti l’8 marzo scorso, alla vigilia della sentenza che avrebbe potuto rendere definitiva la condanna di dell’Utri nel processo per concorso in associazione mafiosa. Il dibattimento, invece, si concluse con un annullamento del verdetto.
La bozza di rogatoria, predisposta dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Lia Sava e dall’aggiunto Antonio Ingroia, è solo da limare e contiene una richiesta di acquisizione di atti bancari, ma anche di interrogatorio dei responsabili dell’istituto di credito interessato. Che lo Stato centroamericano, al quale la richiesta verrà inoltrata tramite il ministero della Giustizia, risponda, però, è tutto da vedere. Tra l’Italia e Santo Domingo c’è un accordo di estradizione ratificato nel 2010, ma, dalle prime ricerche fatte non ci sarebbe un accordo di collaborazione giudiziaria. Particolare che rende la cooperazione delle autorità locali totalmente discrezionale.
Le indagini mirano ad accertare che fine abbiano fatto i 15 milioni dati a Dell’Utri, spariti come il resto dei 40 milioni che a vario titolo l’ex premier ha dato, in 10 anni all’amico palermitano. Il sospetto dei pm è che il denaro – versato tramite bonifici bancari, prestiti per ristrutturazioni di immobili e compravendita di due ville sul lago di Como – sia finito nelle tasche di Cosa nostra come prezzo dell’estorsione subita da Berlusconi.
Una prosecuzione, insomma, dei versamenti fatti negli anni ‘70 per pagare la protezione delle cosche. Dell’Utri, per l’accusa, potrebbe avere fatto da mediatore tra i clan e l’amico. Interrogato ieri dai magistrati palermitani l’ex presidente del Consiglio ha negato di avere subito alcuna estorsione da parte di Dell’Utri. Il denaro? L’aiuto dato a “un prezioso collaboratore e a un amico” che aveva necessità personali.
“Il senatore ha una moglie spendacciona – avrebbe detto l’ex premier – e una passione per i libri antichi”. E l’acquisto della villa di Como alla vigilia della sentenza sarebbe stato un contributo per la famiglia del senatore in caso di sua condanna.
In un clima molto disteso, condito anche da uno scambio di battute con l’aggiunto Antonio Ingroia, Berlusconi ha anche risposto alle domande dei magistrati sui suoi rapporti con l’ex stalliere di Arcore Vittorio Mangano, capomafia pluriomicida, e col boss Tantino Cinà. Entrambi conosciuti tramite Dell’Utri “che era in buona fede”, ha aggiunto l’ex premier.
“Sembravano persone perbene – ha risposto – avevano modi gentili”. Solo dopo, quando già il rapporto con entrambi era finito Berlusconi avrebbe saputo dei loro legami con le cosche.