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13/11/2012 05:26:37

Trapani, una condanna per omicidio colposo. A giudizio quattro medici

A causa della forte velocità perse il controllo della sua automobile provocando un incidente e la morte di una persona.  L'incidente era avvenuto il 16 maggio del 2009 lungo la strada statale 113 in prossimità della frazione di Fugatore. Cardella, alla guida di una Citroen Saxo, in prossimità di una curva aveva perso il controllo della sua auto invadendo la corsia opposta. Non era riuscito ad evitare lo scontro con la motoape condotta da Maurizio Brucia, 41 anni, di Gibellina. Brucia era deceduto durante il trasporto in ospedale. Nel corso dei successivi accertamenti erano emerse gravi responsabilità a carico di Cardella. Secondo gli inquirenti il giovane viaggiava a velocità eccessiva, non adeguata alle condizioni della strada e di visibilità. L'incidente avvenne in orario notturno. 

MEDICI A GIUDIZIO. Il dottore Lelio Brancato, primario dell'Unità operativa di chirurgia generale dell'ospedale Sant'Antonio Abate e altri tre medici, Giancarlo Ungaro, Adelaide Venuti e Leonardo Ficano, sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le udienze preliminari di Trapani Massimo Corleo, con l'accusa di omicidio colposo. Devono rispondere della morte di un paziente, Antonino Bertolino, deceduto il 3 febbraio del 2010  fa per alcune complicazioni.
Gli inquirenti contestano ai quattro medici una serie di omissioni ed errori. Bertolino riportò, durante alcune manovre necessarie per lo svolgimento di esami ai quali venne sottoposto, una lesione duodenale. Gli inquirenti contestano ai medici di non avere disposto per tempo un intervento chirurgico per chiudere la lesione.
Secondo l'accusa solo quando l'intervento era ormai divenuto ad alto rischio e con scarse possibilità di successo i medici avrebbero disposto il trasferimento del paziente presso l'Unità operativa di Chirurgia generale e oncologica del Policlinico di Palermo. Bertolino morì due settimane dopo. Secondo gli inquirenti i medici avrebbero agito con «negligenza, imprudenza ed imperizia» e «in violazione delle regole della scienza medica». Il sostituto procuratore Franco Belvisi, che ha coordinato le indagini, ha chiesto, al termine dell'inchiesta, il rinvio a giudizio dei sanitari.
L'apertura del processo è prevista per il prossimo 17 gennaio. Il dibattimento sarà presieduto dal giudice Piero Grillo. Gli imputati saranno assistiti dagli avvocati Umberto Coppola, Vittorio Gabriele e Luigi Randazzo.

LESIONI PERSONALI. Un uomo di 42 anni di Trapani,  Davide Rondello, è stato rinviato a giudizio, dal giudice per le udienze preliminari, con l'accusa di lesioni personali. Avrebbe aggredito una persona con pugni e calci provocandole lesioni guaribili in una quarantina di giorni. L'apertura del processo è prevista per il 18 settembre dinanzi al giudice Caterina Brigone. Un altro giovane di 27 anni, Salvatore Ruisi, di Alcamo, è stato rinviato a giudizio con le accuse di lesioni personali e minacce. Il 17 maggio di due anni fa, in concorso con altre due persone, avrebbe aggredito un uomo provocandogli ferite guaribili in otto giorni. L'inzio del processo è previsto per il prossimo 18 giugno.

TENTATA ESTORSIONE. Il fatto non sussiste. Con questa motivazione, il gup Fontana ha deciso di non doversi procedere nei confronti di una donna di 47 anni, Giovanna Pirrello, di Alcamo, accusata di avere tentato di estorcere una somma di denaro alla madre.

COMMERCIO DI TABACCHI. Un venditore ambulante, Wadii Chebbi, di 35 anni, è stato condannato a dieci mesi e venti giorni per commercio illegale di tabacchi. Durante un controllo al porto era stato trovato in possesso di dieci chili di sigarette di contrabbando. La pena è stata sospesa.

COLTIVAZIONE DI DROGA. Un uomo di 37 anni, Andrea Chiapponello, di Calatafimi, è stato rinviato a giudizio, dal gup Massimo Corleo, con l'accusa di coltivazione di droga. Il procedimento scaturisce da un'indagine dei carabinieri. Il blitz scattò il 25 settembre dello scorso anno nelle campagne di Calatafimi. I militari rinvennero in un terreno seicento piante di canapa indiana. Un quantitativo rilevante. Secondo gli investigatori, dalle piante sottoposte a sequestro sarebbe stato possibile ricavare oltre tremila dosi. La piantagione era dotata di un efficiente sistema di irrigazione.