“Nell’ultimo periodo - si legge nella lettera firmata dal Presidente Antonino Grasso - siamo rimasti colpiti dalle problematiche che hanno riguardato il Cie di Contrada Milo e in particolare ci ha scosso la situazione di molti di voi che lì lavorano e che da mesi si trovano senza stipendio. Si è arrivato, addirittura, a minacciare lo sciopero e, finalmente, oggi le parole si sono trasformate in azione. Seguiamo da tempo la faccenda e abbiamo ritenuto opportuno sostenervi mandandovi un messaggio di solidarietà, perché pensiamo che il lavoro è un bene di tutti: di chi lo cerca, di chi lo ottiene e di chi lo difende e, quindi, è obbligatorio rispettarlo e tutelarlo. Pensiamo che qualsiasi soluzione a problemi strutturali passa attraverso il dialogo serrato, continuo, sincero e senza ricatti tra tutti coloro che vogliono offrirvi una prospettiva dignitosa e solida di buona vita. Le istituzioni locali, la comunità civile, la Chiesa, facciano la loro parte e non si limitino ad arroccarsi dietro una indifferente neutralità, ma siano piuttosto motori di un immediato ritorno al dialogo, facendo sentire su azienda e Prefettura la compattezza di una cittadinanza che vuole una sola cosa: lavoro e futuro. Vi rinnoviamo la nostra particolare vicinanza e il nostro affetto - conclude la lettera - e affidiamo a tutti gli attori della vicenda la speranza che domani il Cie di Milo e tutti voi riconquistate l’ambita tranquillità che meritate”.
«Era una morte annunciata». Questo lo slogan di infermieri e operatori del Cie di Milo nella manifestazione di giovedì davanti la Prefettura al grido di "Oasi, Oasi, vai a casa". Si tratta di 52 lavoratori tra i 21 e i 60 anni, alle dipendenze de "L’Oasi", il consorzio aretuseo che dal 10 agosto gestisce la struttura di Milo e che finora ha pagato al personale solo 20 giorni.
L’eccessivo ribasso contestato, 27 euro a persona, è quello con cui la cooperativa si è aggiudicata l’appalto e che ora scontano i dipendenti, a cui non sono stati versati i salari di settembre e ottobre, oltre che i migranti, per cui il Cie è invivibile: manca la carta per asciugarsi le mani, scarseggiano vestiario e beni per i migranti. Si è passati dalle bottiglie di shampoo alle bustine monodose. Gli ordini dei farmaci sono ridotti. La qualità dei pasti è pessima e manca persino il condimento per l’insalata.Il Cie, in solo un anno, è andato distrutto. Grate e davanzali sono stati divelti e trasformati in armi da guerriglia nei tentativi di fuga,