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15/02/2013 09:47:17

Crisi grave: il Corriere della Sera è in cattive acque

 Il Corriere é il primo giornale italiano, senza con questo voler togliere nulla a Repubblica e alla Stampa o ad altre testate. Il Corriere é il Corriere. Nell'immaginario collettivo, e anche nella realtà, é quello che ha la maggior tradizione di autorevolezza all'interno ed all'estero. Repubblica ha avuto vendite giornaliere simili. Forse per alcun tempo lo ha sorpassato, e lo sorpassa. Ma Repubblica, nell'opinione comune, che spesso é quella più veritiera, resta un giornale partigiano. Il Corriere ha una storia ultrasecolare di buona informazione, tenuto conto che sempre un giornale é soggetto a pressioni, a volte non rintuzzabili, di editori o di politici. Non piace sentire che questo giornale, simbolo dell'Italia migliore, si trovi in cattive acque.
Capire perché si trovi a mal partito, tanto da dover fare massicci licenziamenti, non é difficile. Basta leggere il comunicato del Comitato di Redazione per capire che il chiesto non potrà essere concesso dall'editore, e la situazione andrà alla deriva per mesi, fino a una stabilizzazione in riduzione dell'esistente. Chiedere che la proprietà non trasferisca la sede del giornale da via Solferino 28, sede storica, in un altro palazzo, verosimilmente meno oneroso, vuol dire non capire la serietà della crisi. Nemmeno é stato capito quanta inutile e dispendiosa sia stata l'acquisizione di testate in Spagna, in un periodo in cui la carta stampata é soggetta a una trasformazione radicale che potrebbe farla sparire. Lo sviluppo tecnologico e la varietà e capillarità dell'informazione radio - televisiva e in Rete rende in buona parte superfluo un giornale che una volta era prestigioso per la completezza dell'informazione. Le redazioni dei giornali che vogliono sopravvivere devono ridursi all'osso. Più che le notizie devono dare commenti, approfondimenti, reportage e inchieste. Da 50 pagine possono scendere con profitto a venti. In proporzione deve essere il taglio dell'organico.
Invece, il C d R vorrebbe mantenere i dipendenti di prima chiedendo nuovi notevoli investimenti alla proprietà. Ma gli azionisti di solito tendono a guadagnare. Se vedono che i loro investimenti vanno a finire nel calderone di gestioni improduttive, non danno una lira. Poiché i maggiori azionisti del Corriere non sono pivellini di investimenti, si può prevedere che si farà quell'operazione di riduzione, che se fosse stata fatta dieci anni fa non avrebbe evitato i danni. La necessità dell'adeguamento della vecchia struttura del giornale alla realtà degli avanzamenti tecnologici, che hanno riguardato l'editoria e la stampa, si è materializzata con l'uscita dalla carta stampata di famose testate estere. Quest'adeguamento traumatico non può essere evitato, può solo essere diluito nel tempo. Subito per sopravvivere deve essere garantito un nuovo equilibrio gestionale tra entrate e uscite e un ammodernamento di mezzi e mentalità.
Leonardo Agate