Lui, Gianfranco Fini, era nella gioventù universitaria legata al MSI di Almirante. Con Almirante veniva fotografato in convegni di partito. Quando si trattò di scegliere il nuovo segretario del Fronte della Gioventù, gli aspiranti prima di lui in graduatoria era cinque. Almirante scelse lui, utilizzando una clausola dello statuto.
Almirante sosteneva che la guida del partito dovesse essere presa da uno non compromesso con il fascismo, in modo da ridare forza e vigore al movimento nell'Italia diventata repubblicana. Fini aveva le caratteristiche giuste. Candidato della corrente almirantiana, al congresso del partito di Sorrento nel 1987 sconfisse l'area movimentista e radicale di Rauti e fu eletto segretario del MSI. In quel tempo, e poi fino al seppellimento del MSI al congresso di Fiuggi, parlando del Duce, lo dipingeva un grande statista. Protestava se i politici o gli storici attribuissero grandi pecche alla passata dittatura. In seguito, nata Alleanza Nazionale al posto del Movimento Sociale Italiano, riconobbe che le leggi razziali sono state un male assoluto. Ma erano le leggi razziali ad essere catalogate da lui così negativamente, non il fascismo e il suo Duce.
La nascita di Alleanza Nazionale diede un volto nuovo al movimento. Correva l'anno 1995. Ancora resisteva in basso nel simbolo la fiamma tricolore, ma pure lei fu presto smacchiata. I passi successivi di Fini furono un facile cammino verso il potere, ora che molti gli accreditavano nuovi ideali e nuovi intendimenti. Dall'esclusione cinquantennale dall'arco costituzionale, il suo movimento passò a miglior viva. Berlusconi lo aiutò molto nel passaggio. Lui ricambiò aiutandolo nella fondazione del PDL. Non gli bastò di essere diventato un delfino del capo. Dichiarò di non condividere il modo con cui il Cavaliere dirigeva il partito. Divenne, con i suoi atti e le sue dichiarazioni, una spina nel fianco del capo.
Le insofferenze di Fini continuarono a tal punto che dopo un ultimatum sulla linea politica, uscì dal PDL, o fu mandato via, e fondò nel 2010 Futuro e Libertà con altri fuorusciti dal partito di Berlusconi e con una parte dei suoi colonnelli. Ecco, i colonnelli erano l'ultimo retaggio della memoria a richiamare le origini politiche. Fondato il nuovo partito, uscito dal precedente gruppo parlamentare, non pensò di dimettersi da presidente della Camera. Ad alcuni osservatori parve un gesto di onestà verso l'istituto cui era stato chiamato. Ad altri, e soprattutto al PDL e ai sui portavoce, parve un eclatante attaccamento alla poltrona.
Nella vicenda della casa di Montecarlo, affittata o comprata dall'intraprendente cognato, fu ritenuto estraneo dalla magistratura penale, ma nell'opinione pubblica restò il ricordo di complicate operazioni finanziarie internazionali facenti capo al cognato, ruotanti attorno alla casa monegasca, donata da una signora al partito, rivenduta dal partito, abitata infine dal cognato.
Nell'ultima campagna elettorale si é schierato con Monti e con Casini, pensando che l'alleanza con il Professore potesse ridargli spazio. Invece successe che ha diminuito ancor di più le sue percentuali, e non é nemmeno entrato al Parlamento.
Partito da zero é tornato dopo un ventennio a zero.
Leonardo Agate