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04/03/2013 10:14:43

La beffa del referendum sul finanziamento pubblico ai partiti

 Il finanziamento pubblico ai partiti é stato sottoposto a referendum nel 1993, e il 90,3 per cento di sì fece sperare che finalmente ci eravamo tolti questo peso di dosso. Invece, la classe politica fece una legge ingannatrice e rimise in carreggiata il finanziamento pubblico, cambiandogli il nome. Fu chiamato "rimborsi elettorali". A cosa servono i rimborsi elettorali lo abbiamo visto con lo scoppio dello scandalo del tesoriere della Lega, Belsito, che investiva in diamanti e titoli di stati emergenti, oltre che finanziare spese varie del tipo: acquisti personali di beni e servizi, ristrutturazioni di abitazioni private ecc. Lo abbiamo anche visto quando scoppiò lo scandalo nella Margherita di Francesco Rutelli, il cui tesoriere scialacquò in immobili privati e vacanze la cifra enorme di 10 milioni secondo alcuni, 18milioni secondo altri. Rutelli, che ambiva di governare l'Italia, non sapeva controllare le spese pazze del suo tesoriere.
Anche alle Regioni, ordinarie e speciali, le cose non vanno meglio. Il consigliere Fiorito al Consiglio Regionale del Lazio si nutriva, con i soldi pubblici, a caviale e champagne, oltre a fare lui e gli amici favolosi viaggi. In Sicilia, Regione a statuto speciale, ma non tanto da differenziarsi dalle altre nella corruzione, la Corte dei Conti e la magistratura penale stanno indagando sull'utilizzazione dei fondi pubblici ai partiti sotto le presidenze Lombardo e Cuffaro. Il nostro sindaco, Giulia Adamo, ai suoi tempi capo gruppo a Palazzo dei Normanni, ora irretita in un'inchiesta della Guardia di Finanza, comprava con i soldi del partito un vassoio d'argento o una coppa per regalo al figlio di un assessore regionale. Regalo non disinteressato, secondo le dichiarazioni del sindaco, ma propiziatorio per ottenere i favori del padre dello sposo, coinvolto in vicende giudiziarie dall'incerto esito.
Il Partito Radicale, che allora promosse il referendum abrogativo, non é entrato in queste ultime elezioni al Parlamento. Peccato, sarebbe stato utile ascoltare le sue invettive contro la casta, ora che gli scandali gli hanno dato ragione, e ora che é stata dimostrata nei fatti la bontà della decisione del popolo di abolire il finanziamento pubblico. Per fortuna, é entrato il M5S al Senato della repubblica e alla Camera dei Deputati, e il buon seme dei radicali non si é perso. Alle proposte di alleanza di Pierluigi Bersani, Beppe Grillo gli ha mandato un tweet dalla semplicità allarmante: si può fare ma aboliamo i rimborsi elettorali ai partiti. La faccia, ogni giorno più funerea di Pierluigi Bersani, alla lettura della risposta ha avuto impressa un'ulteriore ruga di dolore.
Togliere il rimborso elettorale ai partiti tradizionali vuol dire farli morire. Sostengono la loro struttura non con il disinteressato lavoro degli iscritti, e con i loro contributi, bensì con i soldi pubblici che tengono in piedi le sezioni locali e i centri direzionali regionali e nazionali. Una struttura di persone, mobili e immobili autoreferenziale, priva di efficaci controlli esterni e interni, finalizzata al mantenimento del potere parassitario della casta politica e dei sui clienti.
Leonardo Agate