Qualunque nuovo governo che dovesse uscire da queste elezioni si troverebbe nella stessa identica situazione di tutti i governi precedenti, dalla nascita della Repubblica in poi, attraversando la Prima Repubblica, la Seconda e la Terza, se é vero che siamo alla Terza. Sarebbe anche questo un governo senza possibilità di governare. Salvo che non avesse alla Camera e al Senato una maggioranza consistente e fidata - cosa che raramente si é verificato in oltre 60 anni - il governo prossimo venturo sarebbe, e sarà, ostaggio del Parlamento. Anche i suoi migliori provvedimenti, una volta entrati nel tritacarne delle due Camere, verrebbero ritoccati, modificato, aggiustati, riformati e, se approvati, non sarebbero più quello che erano entrati nelle Camere legislative, ma un compromesso tra opposti pensieri, un mostriciattolo senza padre e madre.
Anche i decreti - legge, che il governo approva per necessità e urgenza, e diventano subito esecutivi prima dell'imprimatur parlamentare, devono sottostare alla definitiva approvazione del Parlamento, che oltre che non approvarli, può modificarli ad libitum. Allora, il governo governa? Emana una sua linea politica attraverso i decreti - legge e i disegni di legge? O emette solo buoni propositi, destinati ad essere bistrattati dai parlamentari? Vi ricordate cosa é successo con la riforma Fornero sul lavoro? E' stata talmente rivoltata che i commentatori hanno detto che era meglio prima della riforma. Eppure era una proposta del governo che poteva piacere o no, ma aveva una caratteristica e uno scopo suoi. Alla prova delle Commissioni e delle Camere, é uscita fuori una riforma che della proposta originaria aveva perso molto. Una riforma all'acqua di rose, che é un grosso male quando una riforma ci vuole, come nel campo del lavoro.
I padri costituenti privilegiarono i poteri del Parlamento rispetto a quelli del presidente del Consiglio e del governo, per il timore che tornasse un dittatore nella stanza dei bottoni. Ma i costituenti lavorarono al testo nel biennio successivo alla caduta del fascismo. Allora quel timore era da tutti avvertito, e bisognava essere prudenti per non ricadere più sotto una dittatura. Passati gli anni, si vide che i nostalgici del vecchio regime erano un minoranza, se non irrisoria, certo non preoccupante. A quel punto si doveva mettere mano alla riforma della Costituzione per dare la giusta forza all'esecutivo, e ridimensionare i poteri delle Camere. Per oltre 40 anni si parlò di tutto, ma non della riforma costituzione dei poteri dei massimi organi. Un tentativo di riforma fu attivato con la Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema. Naufragò nel giro di un anno, senza lasciti. Oggi l'arretratezza del sistema impedirà a qualunque governo, anche il più rivoluzionario, come quello ipotetico del M5S, di governare.
Leonardo Agate