Tre anni fa Fernandez, esponente del movimento Fratelli d'Italia, denunciò che nel 2008 dopo l'elezione dell'onorevole Mimmo Turano a presidente della Provincia lui, eletto consigliere provinciale, venne dichiarato decaduto da parte del consiglio provinciale alla prima seduta utile. L'esponente del movimento Fratelli d'Italia risultava infatti incandidabile a seguito di una condanna penale per supefacenti. Fernandez sostiene di avere subito, prima della formale esclusione, delle pressioni dall'allora presidente. Turano avrebbe tentato di convincerlo ad aderire al suo partito.
L'ex presidente avrebbe anche prefigurato, in caso di rifiuto, delle gravi conseguenze per Fernandez. «O passi con l'Udc o avrai problemi» avrebbe detto nel corso di un faccia a faccia. Ed effettivamente, successivamente, Fernandez subì serie conseguenze. Nelle settimane successive il questore segnalò alla Prefettura la condizione di incandidabilità del consigliere Il consiglio provinciale, chiamato a pronunciarsi sulla questione, dichiarò l'esponente del movimento Fratelli d'Italia decaduto. Secondo Fernandez la decisione sarebbe frutto delle manovre dell'ex presidente della Provincia. La Procura della Repubblica, al termine delle indagini, non aveva ritenuto però sufficienti gli elementi raccolti per avanzare un'eventuale richiesta di rinvio a giudizio e aveva chiesto l'archiviazione del procedimento. Fernandez si è però opposto tramite il suo difensore.
«È un'ipotesi inverosimile ed assurda tranne se non vogliamo credere a un complotto che coinvolge anche le istituzioni» aveva commentato in fase di discussione l'avvocato Baldassare Lauria, difensore dell'onorevole Mimmo Turano e il quale è stato anche assessore della sua Giunta quando il parlamentare era alla guida della Provincia regionale. Ma il giudice per le indagini preliminari Lucia Fontana, esaminati attentamente gli atti, ha deciso di rigettare la richiesta di archiviazione disponendo ulteriori accertamenti.
MEDICI ASSOLTI. Erano chiamati a rispondere della morte di una paziente. Nove medici dell'ospedale Sant'Antonio Abate, i dottori Andrea Sciortino, Giancarlo Ungaro, Mario Sugamiele, Antonino Marrone, Sandro Solitro, Fernando Armato, Giuseppe Peralta, Maria Fontana e Antonella Valenti, sono stati assolti dall'accusa di concorso in omicidio colposo.
La sentenza è stata emessa dal giudice Franco Messina. Le indagini erano state avviate quattro anni fa a seguito della morte di una paziente, Antonietta Marsalona, deceduta per un'occlusione intestinale. Secondo l'accusa il dottore Andrea Sciortino, in servizio al Pronto soccorso al momento dell'arrivo della donna in ospedale, non avrebbe effettuato una corretta valutazione. E neanche i dottori Mario Sugamiele, Antonino Marrone, Sandro Solitro, Maria Fontana e Antonella Valenti, in servizio all'interno dell'Unità operativa Malattie dell'apparato respiratorio, presso la quale la paziente fu inviata dopo il ricovero, avrebbero effettuato una corretta diagnosi. Anche il dottore Giancarlo Ungaro, del reparto di Chirurgia, chiamato a fornire una consulenza, non avrebbe rilevato la presenza della patologia.
I medici non avrebbero quindi attuato il protocollo terapeutico che in casi come quello in questione prevede l'effettuazione di un intervento chirurgico. Un'omissione che, secondo l'accusa, aveva determinato il peggioramento delle condizioni della paziente ed il decesso. Tesi contestata dai difensori, gli avvocati Donatella Buscaino, Vittorio Gabriele, Vito Galluffo, Giuseppina Montericcio, Umberto Coppola, Andrea Reina e Michele Cavarretta che, al termine del processo, hanno chiesto l'assoluzione dei loro assistiti dall'accusa contestata. Il giudice, vagliati gli atti, in accoglimento dell'istanza della difesa, ha deciso di assolvere i nove medici. «Non hanno commesso il fatto» si legge nel dispositivo della sentenza.