"Questa famiglia fa parte della comunità - ha detto durante la messa monsignor Palmeri - e, quando un membro soffre, tutto il corpo soffre". Prendendo spunto dal Vangelo di oggi, ha aggiunto che "se qualche pecora arriva a insorgere e a colpire il proprio pastore" bisogna confidare in Cristo "Pastore misericordioso, venuto per i peccatori e morto in croce per salvarci".
Giacomo Incandela, padre dell'assassino - dopo aver seguito la messa nella chiesa della vittima si è inginocchiato davanti a una foto del sacerdote, scoppiando a piangere. "Non ti voleva ammazzare, non ti voleva ammazzare", ha ripetuto, restando in ginocchio per più di cinque minuti.
Provato, con lo sguardo assente, sorretto da due compaesani, Incandela - che era assieme alla moglie, Rosa Calcara, alla figlia Lea e alla convivente del figlio Antonio, in carcere per omicidio - ha poi lasciato la chiesa per tornare a casa. Ad assistere alla funzione religiosa, officiata dal vicario generale della diocesi di Trapani, Liborio Palmeri, c'era anche il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Ferdinando Nazzaro, che ha condotto le indagini.
La famiglia di Antonio Incandela era vicina a padre Di Stefano e lo aveva più volte ospitato a pranzo nella propria casa, a un centinaio di metri dalla parrocchia di Ummari. L'omicida, del quale sabato il gip ha convalidato il fermo, ha confessato di avere agito per dare una "lezione" al prete che lo irritava con le sue omelie, ma di non volerlo uccidere.