Giovedì al Comune ci sarà la conferenza di servizi e intanto si cerca di capire bene di cosa si tratta. Quando si parla di rifiuti e nuovi insediamenti di trattamento dell’immondizia ogni città si mobilità e cerca di capire meglio cosa succede.
C’è da dire, infatti, che le informazioni finora fornite dal Comune non sono molte. E proprio su questo fronte diversi cittadini storcono il naso.
In sostanza a Mazara si vorrebbe realizzare un centro di trattamento dei rifiuti solidi urbani con una nuova tecnologia in grado di produrre energia alternativa. Si tratterebbe di un bioreattore con tecnologia Best. Il progetto è della Società Unità di Misura s.r.l. (UDM) di Milano che , in collaborazione con la Società di ingegneria Montana S.p.A., ha trovato alcune aree dove far sorgere la struttura, in zona San Nicola. Questo bioreattore dovrebbe trasformare i rifiuti in energia pulita. L’impianto quindi dovrebbe smaltire rifiuti organici, inorganici, sfabbricidi, amianto, e rifiuti biogreadabili gestiti attraverso la cosiddetta “bioreazione”. Inoltre lo stabilimento potrà accogliere anche i rifiuti speciali
Il progetto della ditta milanese si baserebbe sulla capacità di accelerare i processi naturali di bioreazione senza generare criticità ambientali azzerando gli impatti che sono classici di un impianto di discarica tradizionale. Ogni costruzione del genere ha le sue promesse, quelle di sempre: azzerare l’impatto ambientale delle consuete discariche, risparmio sulle tariffe, posti di lavoro, migliore gestione del sistema della raccolta rifiuti. A novembre l’azienda ha stipulato con il comune di Mazara un protocollo d’intesa, della durata di otto anni. Il protocollo è sottoscritto appunto dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Nicola Cristaldi, sentiti gli esperti del Sindaco (l’ingegner Nicolò Sardo e Avvocato Francesco Muscolino) e costituirebbe soltanto un atto propedeutico alla stipula della convenzione tra il Comune di Mazara del Vallo e la Società Unità di Misura s.r.l. (UDM). Nel protocollo, oltre alle caratteristiche dell’impianto viene anche specificato che la società proporrà un contributo, “quale misura compensativa dell’impatto ambientale e territoriale commisurato alla quantità di rifiuti effettivamente gestiti dall’impianto”. Contributo che sarà di 0,75 centesimi a tonnellata di rifiuto inerte depositato, e 6 euro a tonnellata di rifiuti speciali e urbani. La quantità massima di rifiuti che, secondo il protocollo, potrà essere smaltita nell’impianto è di 20 tonnellate l’anno.
Sul sito della Montana Spa viene descritto il progetto del bioreattore.
L’impianto è ubicato all’interno di una più vasta piattaforma polifunzionale per il trattamento di tutte le tipologie di rifiuti (inerti, urbani e speciali, pericolosi e non pericolosi).
Il sito, una ex cava esaurita di più di 20 ettari, si trova in un contesto socio-territoriale dove il tema dei rifiuti è sempre più sentito a causa di una carente struttura impiantistica, una raccolta differenziata che stenta a partire e la disponibilità sempre più ridotta di luoghi idonei ad accettare discariche.
Il sistema di trattamento BEST® consiste nella biodegradazione accelerata dei rifiuti con medio/alta percentuale di sostanza organica, all’interno di una vasca (il cui contenitore è del tutto simile a quello di una discarica tradizionale) suddivisa in n.8 “celle di bioreazione”. La potenzialità complessiva dell’impianto è di circa un milione di metri cubi, mentre ciascuna cella ospiterà mediamente 125.000 mc; il tempo medio di coltivazione delle singole celle è pari a 1 anno.
Oltre a tutte le strutture e agli impianti propri delle discariche tradizionali, il bioreattore BEST® è dotato di sistemi di ricircolo del percolato (che garantiscono le perfette condizioni di umidità dei rifiuti, il principale parametro di controllo dei processi degradativi), di sistemi che ottimizzano la captazione e l’estrazione del biogas prodotto in quantità massive ed è soggetto a specifiche operazioni gestionali e di sistemi di monitoraggio dei processi, studiati per definire con esattezza il momento in cui il materiale organico contenuto nel rifiuto sarà completamente degradato.
La fasi principali del sistema di trattamento BEST® saranno le seguenti:
- Pretrattamento dei rifiuti in ingresso tramite triturazione grossolana, finalizzato all'omogeneizzazione degli stessi.
- Abbancamento dei rifiuti e realizzazione dei sistemi di ricircolo del percolato e di recupero del biogas; ciascuna cella sarà sigillata con una copertura provvisoria di isolamento con l’atmosfera al fine di permettere l’istaurarsi delle condizioni anaerobiche necessarie per la biodegradazione e per la produzione di biogas inviato ad un impianto di valorizzazione energetica.
- Coltivazione sequenziale di tutte le celle per le quali saranno ripetute tutte le operazioni descritte in precedenza.
- Stabilizzazione definitiva dei rifiuti di ciascuna cella con insufflazione di aria calda; rimozione della copertura provvisoria, al fine di permettere le operazioni di landfill mining, ovvero l’escavazione della materia residuale e la successiva separazione delle varie frazioni riciclabili che saranno re-immesse nei processi produttivi. In tale fase, le celle del bioreattore si comporteranno come vere e proprie “miniere artificiali”.
- Riutilizzo delle celle a seguito del completo svuotamento fino all’instaurazione di un processo ciclico di interramento, svuotamento e trattamento/recupero.
I principali vantaggi del sistema sono:
- tempi molto ridotti di degradazione e di completa stabilizzazione del rifiuti (pochi anni),
- riduzione della pericolosità residuale dei rifiuti,
- riduzione dell’impatto ambientale complessivo ed in particolare degli impatti sull’atmosfera e sulla fauna aviaria tipica delle discariche per urbani,
- aumento del potenziale di conversione dei rifiuti ad energia,
- recupero di volumetria utile per nuovi rifiuti,
- recupero dei materiali riciclabili e ciclicità del processo.
Ma, dicevamo, sono in molti che vogliono vederci chiaro. Sia Legambiente che Rifiuti Zero stanno tenendo sotto esame quello che succede e lo studio di fattibilità dell’opera non resa pubblica ma ottenuta attraverso la procedura dell’accesso agli atti. Inoltre i cittadini sembrano molto perplessi, e un alone di mistero avvolge questa vicenda. Intanto altri Bioreattori sono stati costruiti per l’Italia e uno ha riscosso molte polemiche e mobilitazioni per l’impatto ambientale che poteva arrecatre. Come al Comune di Lacchiatella, dove la mobilitazione dura dal 2005.