Nei primi 8 mesi del 2013 in Sicilia sono «scomparse» quasi 3mila imprese che operano nel commercio e nel turismo. Lo si evince dai dati elaborati dall'osservatorio di Confesercenti, secondo cui senza un'inversione di tendenza «a fine anno il saldo sarà ancora più negativo e si perderanno diverse migliaia di posti di lavoro».
Nel dettaglio, da gennaio ad agosto si sono registrate 5.429 cancellazioni: dalla differenza tra cancellazioni ed aperture si ha un saldo negativo di quasi 3mila unità. L'Isola, riferisce Confesercenti, sconta una situazione molto pesante anche rispetto ad un quadro nazionale non certo positivo, come confermano le chiusure che hanno riguardato gli esercizi commerciali attivi nei settori della ristorazione e del turismo negli otto mesi dell'anno in corso presi in considerazione.
I flussi di iscrizioni e cancellazioni nei primi otto mesi del 2013 delle imprese del commercio al dettaglio presentano un saldo negativo di 1.817 unità e 3.350 cancellazioni; le imprese di alloggio e somministrazione un saldo negativo di 506 unità e 1.044 cancellazioni; le imprese di alloggio un saldo negativo di 43 unità e 65 cancellazioni; le imprese di ristorazione un saldo negativo di 265 unità e 551 cancellazioni; le imprese che gestiscono bar un saldo negativo di 190 unità e 419 cancellazioni.
«La drammaticità di queste cifre - sottolinea Vittorio Messina, presidente di Confesercenti Sicilia - conferma la gravità della situazione economica nell'Isola dove la disoccupazione giovanile, che a livello nazionale ha segnato il suo record storico balzando a 40,1%, supera abbondantemente questa percentuale. Questa è la conseguenza anche delle cessazioni di imprese guidate da under 35. Tuttavia - aggiunge Messina - i giovani continuano a fare impresa nonostante il mercato interno sia debolissimo e l'aumento dell'Iva lo renderà ancora più fragile, e nonostante l'eccesso di liberalizzazioni degli orari e delle aperture abbia accorciato notevolmente la vita delle imprese. In questo triste momento, questo atteggiamento di fiducia dei giovani rappresenta uno dei pochi segnali di speranza che non bisogna trascurare. Mi auguro che la politica si renda più disponibile ad ascoltare le indicazioni che vengono dal mondo associativo per intervenire tempestivamente a favore delle imprese e di quei giovani che vogliono intraprendere un'attività economica».
I dati diffusi ieri dall'osservatorio di Confesercenti, in merito alle aziende che operano nel commercio e nel turismo, fanno il paio con la situazione globale dell'economia siciliana che, dal 2008 ad oggi, sta vivendo una crisi senza precedenti. Nell'ultimo quinquennio, il numero delle imprese che hanno chiuso i battenti ed hanno lasciato il mercato ha superato le 20mila unità produttive (-5,1%). La gravità del fenomeno può essere compresa maggiormente considerando che nello stesso tempo le imprese attive sul territorio nazionale hanno subito un ridimensionamento che grosso modo si avvicina al dato siciliano (-20mila unità), con una flessione dello 0,4%. A certificarlo, lo scorso agosto, il 39° «Report Sicilia», l'indagine semestrale realizzata da Diste e Fondazione Curella. Le «ferite» prodotte dalla recessione al tessuto economico regionale appaiono profonde. In base ai dati del registro delle imprese delle Camere di Commercio, infatti, la tendenza al ridimensionamento della base produttiva, negli ultimi anni, è proseguita senza soste. Per le aziende che hanno resistito ai contraccolpi della crisi e si trovano a fronteggiare una riduzione della redditività e una rarefazione della liquidità, sono aumentati i ritardi nei pagamenti delle transazioni. Risultato? Il rischio d'insolvenza delle imprese siciliane è a livelli allarmanti.
Ma c'è di più. Nel 2013 è proseguito il processo di assottigliamento della base produttiva che, oltre ai default delle imprese cosiddette fragili, è collegato alle liquidazioni di società sane, che hanno deciso liberamente di cessare l'attività per mancanza di previsioni di profitto. Della serie: senza prospettive, meglio smettere di lavorare. A detta di molti analisti, la crisi dell'economia siciliana non è dovuta ad una fase ciclica, ma una vera e propria destrutturazione della capacità produttiva che durerà almeno fino al prossimo anno.