Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
15/10/2013 13:50:00

"Bello e impossibile, il Satiro balla da solo"

 Potentissima è stata - ed è ancora, certo lo sarà per molto - la disfida fra le due opposte fazioni. Da un lato gli autarchici, sulle barricate in difesa del sacro principio del possesso dei tesori di Sicilia: sono nostri e li teniamo con noi; dall'altro, molto più sparuti soprattutto mediaticamente, i laici, magari non esterofili, ma almeno diplomatici perché disposti a trattare il prestito dei migliori pezzi. La domanda di fondo è: ma è giusto blindare nei nostri siti i beni culturali siciliani, alzando le barriere protezionistiche a tutti i musei del mondo che fanno la fila per ospitarli?

La risposta può essere deduttiva (un dibattito che va dalle chiacchiere da bar del museo fino ai salotti dell'intelighenzia pensante e pensosa), oppure induttiva. Se imbocchiamo quest'ultima strada, quello del Satiro danzante di Mazara del Vallo è un caso che fa scuola. Tutti lo vogliono, tutti lo chiedono e talvolta è pure partito (Tokio, Parigi e Londra, per citare tre tappe) e ogni volta sono raffiche di lacrimoni avvelenati. No, non possiamo darlo via così perché è fragile; e poi se ci priviamo dei nostri gioielli cosa offriamo a chi viene in Sicilia? Ecco, appunto. Cosa offriamo? Poco più che nulla. Adesso che il Satiro è tornato nella sua casa-dolce-casa possiamo pure dirlo. Al museo di piazza Plebiscito, nel cuore di Mazara, sembra quasi che la statua bronzea ammicchi al mondo intero: «Scusate, passavo di qui per caso». La segnaletica turistica, minuscola e caotica, non è adeguata al valore del bene. Ma il peggio arriva quando, dopo aver pagato sei euro di biglietto d'ingresso, si entra nel museo. Che è piccolo, molto piccolo. Con un percorso, alquanto cervellotico, che comprende alcuni pezzi ritrovati negli scavi e nelle immersioni nei fondali della zona. Si dà un fugace sguardo al contorno, all'imbracatura con la quale nel 1998 il mitico peschereccio "Capitan Ciccio" riportò a galla il Satiro da 500 metri sotto il livello del mare. Ci si sofferma anche sui pannelli informativi: alcuni con prosa "militante" contro i predatori dei tesori del mare, uno con mappa in lingua francese che sembra buttata lì senza un perché. E, dulcis in fundo, arriva il tesoro dei tesori. Sistemato davanti all'uscita (come per dire: ammiratelo e poi la visita è finita) in una posizione infelice, con una luce che non lo valorizza, ben lontano dall'abside. Piccolo segreto: «Lì non l'ha voluto la curia locale - confessa l'assessore regionale ai Beni culturali, Mariarita Sgarlata in visita venerdì al museo - perché considerava blasfema, pur essendo Sant'Egidio una chiesa sconsacrata, la sistemazione sotto l'abisde. Ma si stanno ammorbidendo, forse si potrà mettere dove sarà meglio valorizzato». Nel faccia a faccia con il Satiro il fascino è incantatore, si circumnaviga il piedistallo a bocca aperta. Poi l'occhio cade sulla sala multimediale. Che, oltre a essere di fatto un antibagno, è striminzita. E senza aria condizionata, come l'intero museo.

Ma è tutto qui? Un'offerta inadeguata, in un luogo non certo al centro dei principali itinerari turistici siciliani. Ne vale la pena? La risposta, sussurrata, è un ampio beneficio del dubbio. Rafforzato dai numeri: se alla Royal Academy of
Art l'hanno visto centiniaia di migliaia di persone, in Sicilia le presenze al museo del Satiro non sono oceaniche. Il trend dei dati ufficiali è in costante calo: dai 35.256 ingressi (di cui 15.191 paganti, con incasso di 81.018.000 euro) del 2011, si è passati l'anno scorso a 31.688 biglietti staccati, con 62.209 euro prodotti da 13.816 persone che hanno pagato. E questo significa, cinicamente, che se il Satiro c'è o no poco cambia: le presenze sono sempre le stesse.

Ma nella danza della solitudine, attorno al Satiro qualcosa si muove. I dati ufficiosi del 2013 descrivono un'estate incoraggiante: 16mila presenze fra luglio e settembre, 50mila euro di incassi, con un trend del 25% di crescita. Non abbastanza, però, per risolvere i tanti problemi aperti. Inserito nella black list dei 23 beni inamovibili della Regione può essere concesso sborsando un pedaggio mimino pari allo 0,5% del valore assicurato (8,2 milioni), ovvero 41mila euro. E allora meglio "affittarlo"? L'assessore Sgarlata riflette a voce alta passaggiando per i vicoli di Mazara. «Il Satiro ha lo stesso problema dell'Auriga di Mozia: il doppio statuto. Da una parte opere d'arte indiscutibili legate a logiche otto-novecentesche, sulla concentrazione di tutte le opere nei grandi musei, oggi anacronistiche. D'altra parte testimonianza archeologica del territorio, defraudato dagli spostamenti». E allora? «Questo dilemma è irrisolvibile», ammette l'assessore. Meglio allora «garantire al meglio le fruizione di queste opere nel loro contesto con l'apporto della multimedialità e della didattica museale». E questo succederà, con 480mila euro di fondi Ue «per valorizzare il Satiro con una cornice emozionale adeguata». Laura Livigni, direttore del museo, aspetta con ansia: «Miglioreremo l'allestimento, spostando la stauta nell'abside e lo arricchiremo con effetti sonori, microclima e multimedialità». Pronti tre nuovi itinerari collegati al Satiro: chiese, musei e città araba. Anche se il direttore non sa se dirigerà ancora per molto, visto che «la competenza sul museo del Satiro dovrebbe tornare alla Sovrintendenza». Un bene o un male? «Non lo so». Così come non si sa quando partirà il biglietto unico con Selinunte e con Segesta; c'è già quello con il "Pepoli" di Trapani, a 8 euro.
Qui non basta la buona volontà, quella dei «custodi competenti e appassionati» lodati da Sgarlata. E se avesse ragione Pietrangelo Buttafuoco, quando cita il filosofo Giovanni Gentile (nato nella vicinissima Castelvetrano) nel suo Il tramonto della cultura siciliana? Un «isolamento geografico e storico, chiuso in se medesimo», una realtà «scarsa di contenuto e di tenacia di tradizione». In una sola parola: la sicilitudine. Autoassolutoria e finto-romantica, piagnona e complottista. A costo zero, soprattutto. La colpa è sempre degli altri, dello straniero che no, non deve passare. Evviva l'autonomismo del cannolo, con uno-nessuno-centomila responsabili, in uno scilipotismo esistenziale. Anche il Satiro balla da solo, in questa danza pittoresca. Fin quando non decideremo di guardarci allo specchio. O magari qualcuno ci obbligherà a farlo.

twitter: @MarioBarresi

Articolo pubblicato su La Sicilia del 14 Ottobre 2013 -  http://www.lasicilia.it/index.php?id=106470/sicilia/bello-e-impossibile-il-satiro-balla-da solo&template=lasiciliait#sthash.uwo30ZjP.dpuf