E' attiva da oggi una banca dati regionale dei vitigni autoctoni, grazie agli studi sulla tracciabilità genetica portati avanti dall’Irvos, l’istituto regionale vini o oli di Sicilia, e il Co.Ri.Bi.A., il Consorzio di ricerca sul rischio biologico in agricoltura.
Per arrivare a questa banca dati la Regione ha studiato le caratteristiche di 6.783 presunti cloni di vitigni autoctoni con lo scopo di raccogliere il materiale genetico disperso in Sicilia. Si è avvalsa della collaborazione di agronomi e docenti delle Università di Palermo e Milano e dei tecnici del Coreras.
La pubblicazione è l’unica in Italia dedicata ai vini da vitigni autoctoni, ovvero a quei vini prodotti al 100 per cento da vitigni presenti nella penisola da oltre 300 anni.
Due milioni di euro il costo del progetto che ha impegnato gli esperti sul campo per ben 5 anni. Sui cloni raccolti sono state effettuate valutazioni agronomiche, enologiche e sanitarie: il materiale genetico è stato messo a disposizione dei vivai coinvolti nel progetto per studiare le reazioni dei cloni su campi di confronto differenti. Per ogni pianta sono stati poi selezionati 20 individui che sono stati innestati ed esaminati in un terreno di 50 ettari. Con l’ausilio di esperti del ministero della Sanità sono stati analizzati i virus che intaccano i vitigni e sono state isolate le parti sane per la moltiplicazione. Complessivamente sono stati studiati 5.209 presunti cloni di varietà già conosciute (Frappato, Catarratto, Grillo, Nero d"Avola, Inzolia, Nerello Mascalese e Grecanico), 1.438 di vitigni minori (Malvasia delle Lipari, Alicante, Mannella Bianca, Mannella Nera, Carricante, Perticone o Pignatello, Nerello Cappuccio, Moscato di Noto, Albarello, Nocera e Damaschino) e 136 cloni di vitigni reliquie (Dunnuni, Maialina, Maialina, Corinto Nero, Tintore, Zibbibbo, Nivureddu, Regina dei Vigneti, Dolcetta, Precoce e varie).