E’ davvero importante l’autocritica che apre l’editoriale di Ernesto Galli delle Loggia sui limiti della cultura dell’antimafia in Italia. La stampa e l’opinione pubblica, secondo l’autore, non hanno saputo vedere in tempo ciò che di falso e corrotto si nasconde dietro alcune delle icone di recente osannate nel dibattito pubblico.
E’ un richiamo che condividiamo e da anni rilanciamo. Ciascuno ha il dovere di essere vigile contro la corruzione che colpisce il nostro Paese in ogni suo snodo, dalla politica alla società civile, dai media e all’impresa, alle associazioni. Vorremmo però invitare stampa e opinione pubblica a evitare di raddoppiare l’errore, sommando a quella mancanza di attenzione un giudizio ottuso che liquida, in nome di una polemica passeggera, realtà decisive dell’associazionismo antimafia che, piaccia o no, danno un contributo concreto a formare giovani generazioni di adulti più consapevoli e attrezzati a scegliere tra giustizia e illegalità. Da sempre tutti coloro che si impegnano quotidianamente nella lotta alla criminalità organizzata affermano con forza che l’arma più efficace contro la mafia e la corruzione e’ l’educazione a partire dalle giovani generazioni.
Per quanto riguarda in particolare la commemorazione del 23 Maggio, Galli Della Loggia avrebbe ragione a parlare di “costose carnevalate” se quel viaggio in nave da Napoli a Palermo esaurisse in sé il senso della manifestazione. Non è così e certe parole rischiano di offendere migliaia di insegnanti e studenti che, ben lontani dall’essere “scolaresche precettate”, arrivano a Palermo con le Navi della Legalità organizzate insieme al Ministero dell’Istruzione dopo mesi di lavoro serio in classe, in cui imparano a conoscere storie e persone della battaglia contro le mafie e a comprendere i mille modi in cui sa esprimersi e ferire una cultura criminale. Per troppo tempo le istituzioni erano state sorde alle tante voci dei familiari delle vittime che chiedevano di ‘ricordare’ e di ‘far ricordare’ i giovani, e le tante iniziative e percorsi didattici che per tutto l’anno scolastico le diverse associazioni contribuiscono a realizzare con il supporto del ministero dell’istruzione sono un importantissimo risultato per l’educazione alla legalità dei giovani.
Abbiamo conosciuto e apprezzato l’impegno di Galli della Loggia per l’Unità del Paese, il suo tentativo di rendere gli italiani più consapevoli della loro storia e identità, a partire dalle distanze e dalle fragilità. Lo invitiamo a vedere cosa significa farsi carico di quell’impegno non in conferenze e convegni, ma in settimane, mesi, anni di lavoro quotidiano nelle scuole. Un lavoro che, nonostante i mezzi materiali limitati, può attingere a un patrimonio ideale ed etico straordinario come quello lasciato da tutte le vittime della mafia. In questi anni, con l’impegno di tanti insegnanti, di tanti volontari, l’energia inesauribile dei ragazzi e il supporto delle istituzioni, si sono raggiunti risultati che meritano attenzione e rispetto. E meritano soprattutto una discussione che lasci da parte politica e cordate, mettendo al centro proprio loro, i ragazzi. Chiediamoci se ha senso o no, per loro, dare vita ad attività come queste. Proviamo a capire insieme la differenza tra le associazioni sane e la degenerazione di figure squallide accusate di aver sfruttato l’antimafia per vantaggi personali. Venga il prossimo 23 maggio 2014, Galli Della Loggia, insieme a tutti noi, viaggi accanto a studenti e insegnanti, si faccia raccontare ciò che hanno vissuto nei mesi precedenti. Venga a visitare qualche scuola coinvolta e ad ascoltare i percorsi didattici sulla cultura della legalità che stiamo realizzando, parli con gli studenti, chieda loro se si sentono “precettati”. Ci venga a trovare nella sede delle nostre associazioni e fondazioni. Scoprirà luoghi in cui si inventa ogni giorno una via di uscita credibile e costruttiva dalla retorica, in cui si ragiona su come illuminare quei “luoghi silenziosi” in cui si combatte contro il crimine organizzato. Troverà persone che chiedono esattamente quello che chiede lei nell’appello con cui chiude il suo articolo – più magistrati, più forze dell’ordine e uno Stato presente davvero – ma che, oltre a esprimere quelle richieste, hanno deciso di impegnarsi ogni giorno per fare in modo che il frammento di Italia che dipende da loro sia migliore.
A pochi giorni dalla morte di Giovanni Falcone, della moglie e degli uomini della sua scorta, in un momento in cui mai come prima il Paese avvertiva l’esigenza di una presenza concreta dello Stato nel contrasto alla mafia, Paolo Borsellino disse: “La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.
Quello stesso giorno, un esponente di una delle organizzazioni da sempre impegnate nell’educazione alla legalità, chiese al magistrato: “Cosa possiamo fare noi per la lotta alla mafia?”. E Borsellino rispose: “Noi arresteremo i padri, voi educherete i figli”.
Firme
Maria Falcone – Fondazione Giovanni e Francesca Falcone
Rita Borsellino – Presidente onorario Centro Studi Paolo Borsellino
Fondazione Rocco Chinnici
Nando Dalla Chiesa
Fondazione Antonino Caponnetto
Fondazione Giuseppe Fava
Centro Studi Pio La Torre
Centro Studi Paolo Borsellino