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23/01/2014 07:20:00

Estorsione a Gregory Bongiorno, cominciato il processo. Campus Belli, parola alla difesa

E’ iniziato martedì il processo davanti al gup di Palermo Giangaspare Camerini ai presunti estortori di Castellammare del Golfo Mariano Asaro, Gaspare Mulè e Fausto Pennolino. Per loro il pm della Dda di Palermo, Carlo Marzella aveva chiesto il giudizio immediato. Erano stati denunciati da Gregory Bongiorno, presidente di Confindustria Trapani, e arrestati lo scorso agosto. Tutti devono rispondere di estorsione e tentata estorsione con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Numerose le parti civili, con in testa Confindustria e l’associazione antiracket e antiusura di Trapani, rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara. A fianco di Bongiorno in aula, il Commissario nazionale antiracket, Prefetto Elisabetta, il presidente onorario della FAI, Tano Grasso, il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, i rappresentanti di LiberoFuturo (Palermo e Castelvetrano) e di Addiopizzo. “I mafiosi hanno commesso un grave errore – sottolineano in una nota congiunta associazioni antiracket e Confindustria Sicilia – perché non hanno considerato la posizione di Bongiorno che, oltre a far parte organica del nuovo corso di Confindustria, è notoriamente vicino al movimento antiracket”. Un processo significativo, questo, che ha visto la presenza di numerosissime richieste di costituzione di parte civile e che ha rappresentato al meglio il livello di collaborazione fra il movimento antiracket e Confindustria in tutta la Sicilia. Collaborazione che punta ad incrementare sempre più il contatto con il territorio, così da diffondere in modo capillare la cultura della legalità. In quest’ottica si inseriscono anche le recenti iniziative di LiberoFuturo che ha costituito due associazioni ad Agrigento e Castelvetrano e presto ne farà nascere una terza proprio a Castellammare del Golfo che, negli ultimi due anni, ha dimostrato una notevole vitalità antiracket.
Risultati possibili anche grazie all'impegno del Commissario antiracket Belgiorno che ha attivato, con risorse del PON sicurezza e in collaborazione con le nostre associazioni, progetti finalizzati a promuovere le denunce e diffondere il Consumo critico antiracket.
“Giornate come questa- ha dichiarato Enrico Colajanni di LiberoFuturo-“ci rendono fiduciosi per il futuro e siamo certi che a tutti gli imprenditori giungerà chiaro e forte il messaggio che si può denunciare in sicurezza, che lo Stato c'è e anche la società civile non fa mancare il suo appoggio.”
Parte civile anche l’associazione Antiracket di Marsala rappresentata da Giuseppe Gandolfo. Intanto si tornerà in aula l’11 marzo.

CAMPUS BELLI
Si sta avvicinando alla conclusione il processo Campus Belli. Oggi al tribunale di Marsala sono previste le arringhe degli avvocati della difesa. Il processo nasce dall’operazione antimafia che portò, nel dicembre 2011, in carcere anche l’allora sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà. Durante l’ultima udienza sono state invocate condanne per quasi cento anni dal pm della Dda Pierangelo Padova. Sette gli imputati, in questo procedimento, gli altri arrestati sono stati giudicati con rito abbreviato. Per Caravà il pm ha chiesto 18 anni di carcere. Dalle indagini, infatti, è emerso che l’allora sindaco di Campobello, nonostante le pubbliche dichiarazioni contro la mafia e la partecipazione a manifestazioni in favore della legalità, intratteneva rapporti con esponenti della locale famiglia mafiosa capeggiata da Leonardo Bonafede, 81 anni, anch’egli imputato assieme a Cataldo La Rosa, di 48 anni, e Simone Mangiaracina, di 76, considerati il “braccio operativo” dell’anziano boss, a Gaspare Lipari, di 46, che avrebbe svolto una funzione di “collegamento” tra il sindaco e il capomafia, ad Antonino Moceri, di 62, e ad Antonio Tancredi, di 53. Gli ultimi due, imprenditori del settore olivicolo, sono accusati, come Caravà, di concorso esterno in associazione mafiosa. Queste le altre richieste del pm: condanna a 20 anni di carcere per Mangiaracina, 18 anni La Rosa, 16 per Lipari, 15 ciascuno per Moceri e Tancredi e 6 anni per Bonafede. Quest’ultimo, già condannato in passato per associazione mafiosa, è accusato ‘’solo’’ di intestazione fittizia di beni. Secondo gli investigatori, i due imprenditori fornirono ‘’consapevolmente’’ alla locale famiglia mafiosa un contributo all’infiltrazione nel settore dell’olivicoltura. Le arringhe di oggi proseguiranno nella prossima udienza del 30 gennaio. Il 6 febbraio dovrebbe essere emessa la sentenza.