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07/02/2014 06:14:00

Ai domiciliari per corruzione, si è dimesso il Sindaco di Calatafimi, Nicolò Ferrara

 "Farò bruciare la sedia dove si è seduto durante il convegno sulla legalità al Liceo Scientifico di Castelvetrano, nella qualità di presidente del Consorzio Trapanese della legalità". Sono parole del Preside Francesco Fiordaliso a proposito dell'arresto per corruzione, avvenuto all'alba di mercoledì, del Sindaco di Calatafimi, Nicolò Ferrara, accusato di aver preso una tangente di 3000 euro da una ditta in una gara per la vendita degli autocompattatori del Comune. L'amarezza di Fiordaliso, come di tanti altri, è dovuta al fatto che, come ricorda lo stesso preside, Ferrara era presidente del Consorzio Trapanese per la Legalità.

«SÌ, quei 3.000 euro li ho presi, ma è stato per darli a persone bisognose » si è tra l'altro giustificato il Sindaco.  «Ricostruzione inattendibile e inverosimile», l’ha bollata il giudice. Per lui il sindaco della “legalità” gestiva il Comune di Calatafimi in modo «privatistico ».

E proprio ieri sera Ferrara si è dimesso. Ecco il testo della sua lettera:

Valutate le accuse mosse al sottoscritto ed i provvedimenti emessi dai magistrati, rispetto ai quali ripongo massima fiducia, dopo una profonda riflessione, con sofferenza, sono arrivato alla decisione di presentare le mie dimissioni da Sindaco di questa mia amata città di Calatafimi- Segesta. Quanto avvenuto impone un passo indietro, sia per organizzare meglio la propria difesa nella fase processuale, dedicando il massimo delle energie e del tempo a tale impegno, sia per dare serenità nello svolgimento dell’attività quotidiana del Comune, allontanando sospetti e dubbi. Posso fin ora assicurare ai miei Concittadini che alla base di quanto accaduto c’è una grande confusione che ha generato incomprensioni ed equivoci.  Certi comportamenti o richieste sono lontani anni luce dai confini del mio agire politico. La Cittadinanza può stare tranquilla la loro fiducia non è stata assolutamente tradita. Ho dato alla mia Città sette anni della mia vita, in modo totale, senza risparmio, e sacrificando opportunità personali e principalmente gli affetti familiari. Sono stato Sindaco in un periodo difficile della storia d’Italia, ma siamo riusciti ad ottenere tanti finanziamenti che si concretizzeranno presto con l’apertura dei
cantieri e conseguente occupazione. L’egoismo politico porterebbe a decidere di rimanere, per vedere il realizzarsi delle tante iniziative in cantiere frutto del mio impegno e di quello di tanti collaboratori, ma l’onesta intellettuale e il rispetto doveroso verso i Cittadini e nella giustizia, mi impediscono di accettare il nascere di dubbi e sospetti sull’operato di un Sindaco che ha sempre cercato di combattere certi vizi della politica. La Politica deve operare con trasparenza, legalità e determinazione, con il solo scopo di affermare il bene COMUNE. Spero che questa Comunità Calatafimese sappia sfruttare le iniziative intraprese e concretizzarle al fine di determinare sviluppo e occupazione. Spero anche che i miei Concittadini sappiano riconoscere la correttezza del mio agire politico, che dimostrerò con tutta la mia forza nelle sedi opportune.

Gli agenti della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile di Trapani si sono imbattuti in questa tangente per caso.  Indagavano per accertare eventuali pressioni esercitate sull'impresa edile "Simaco srl" affinché assumesse determinati lavoratori - sempre da parte del Sindaco -  ma si sono imbattuti in un episodio di corruzione.

Il primo cittadino - indagato ma a piede libero pure per abuso d'ufficio continuato e che come presidente del Consorzio trapanese "Legalità e sviluppo", lo scorso dicembre aveva partecipato in Prefettura, a Trapani, a un seminario sulla legge sulla corruzione - avrebbe ricevuto tremila euro dall'imprenditore Francesco Fontana per fargli aggiudicare l'asta pubblica di vendita di un compattatore di proprietà comunale. Gli arresti domiciliari, su disposizione del gip di Trapani, Lucia Fontana, alla quale erano stati chiesti dai sostituti procuratori Anna Trinchillo e Franco Belvisi, sono stati applicati anche agli imprenditori palermitani Ettore ed Enrico Crisafulli, padre e figlio di 69 e 34 anni, mentre a vario titolo risultano indagate a piede libero altre dieci persone. I Crisafulli sono stati già rilasciati. 
L'indagine era stata avviata cinque mesi fa in seguito a una denuncia presentata al commissariato di Alcamo da un dipendente dalla "Simaco srl", impresa edile gestita dai Crisafulli e società appaltatrice dei lavori di urbanizzazione primaria della zona artigianale di contrada Sasi, a Calatafimi-Segesta. Pietro Lo Porto, indagato nell'ambito della stessa inchiesta ma per altri motivi, aveva rivelato agli agenti che tecnici comunali avevano fatto pressioni per l'assunzione di lavoratori. Da lì l'attività investigativa, anche con intercettazioni, che ha condotto gli agenti a porre l'attenzione sulla vendita da parte del Comune, tramite asta, di alcuni autocompattatori.
Per gli investigatori, il sindaco Ferrara, per fare aggiudicare la gara di vendita di un autocompattatore a Fontana, avrebbe sollecitato per iscritto il responsabile del Settore finanziario a sospenderla in quanto l'amministrazione comunale stava valutando la possibilità di un ripristino dei mezzi. Ma da quanto accertato dai poliziotti della Mobile non era vero. Anzi, Ferrara avrebbe concordato con Fontana il suo ritiro dall'asta e questo avrebbe procurato alle casse comunali un danno, poiché l'offerta dell'imprenditore sarebbe stata più conveniente per il Comune rispetto a un'altra. Fontana ha confermato di avere dato al sindaco i tremila euro che Ferrara ha ammesso di avere ricevuto «per darli a famiglie bisognose del paese», circostanza che gli investigatori non hanno riscontrato.
«All'interno del Comune di Calatafimi-Segesta - sottolinea il vicequestore Giovanni Leuci, dirigente della Mobile - vigeva un malcostume posto in essere dal sindaco e da alcuni suoi collaboratori. Allo stesso modo, però, abbiamo trovato funzionari onesti che hanno collaborato alle nostre indagini».
L'abuso di ufficio continuato è stato contestato a Nicolò Ferrara per irregolarità emerse nella gestione da parte dell'impresa "Simaco srl" delle forniture e dei subappalti, per la nomina a responsabile dell'Ufficio tecnico comunale di Antonino Sacco "preso a prestito" dal Comune di Salaparuta e privo di laurea e per il quale era stata prevista una retribuzione annua di 16mila euro e per altre delibere che garantivano sempre a Sacco, oggi in pensione, «ingiusti vantaggi patrimoniali».
I Crisafulli inizialmente sembravano parte offesa per la questione delle presunte pressioni esercitate per l'assunzione di lavoratori nei confronti della "Simaco srl", ma poi è risultato che avevano intestato l'azienda a terzi per evitare l'applicazione di eventuali misure di prevenzione patrimoniale nei loro confronti. Ettore Crisafulli, che ha precedenti per mafia, è stato sotto inchiesta con Angelo Siino. Padre e figlio sono indagati, inoltre, a piede libero per violazioni penali in materia di subappalto e di assunzione dei cosiddetti lavoratori a distacco.
Gli indagati, a vario titolo, sono oltre ad Antonino Sacco e a Pietro Lo Porto, il geometra Vincenzo Guida e suo padre Salvatore, i fratelli Fabio e Paolo Ienna, Diletta Ciminna, Giovanni Caruso, Giuseppe Vanella e Giovanni D'Amico. Nel corso di 11 perquisizioni domiciliari effettuate fra Calatafimi (anche in municipio e a casa del sindaco), a Palermo, Roma e Salaparuta, i poliziotti hanno acquisito una corposa mole di documenti che dovranno essere esaminati.

CRISAFULLI RILASCIATI. Arresti domiciliari lampo per Ettore ed Enrico Crisafulli, di 68 e 33 anni, padre e figlio, di Palermo, coinvolti nell'indagine che ha portato due giorni fa all'arresto del sindaco "antimafia"di Calatafimi (Tp) Nicolò Ferrara, accusato di Corruzione turbativa d'asta. L'accusa per loro era di intesazione fittizia di beni. La loro posizione è stata chiarita nell'arco di 24 ore.

Il Gip di Trapani, Lucia Fontana, nel tardo pomeriggio di ieri, a seguito degli interrogatori di garanzia resi dai Crisafulli, ha disposto la revoca integrale della misura cautelare già eseguita. Dopo nemmeno 24 ore quindi i due imprenditori palermitani, sono ritornati liberi. Il Giudice ha osservato che le dichiarazioni degli indagati hanno "incrinato la gravità indiziaria in ordine alla finalità della condotta compiuta".

La tesi difensiva sostenuta dall'avvocato Marcello Madonia, ha convinto il Gip. Il legale ha introdotto una ipotesi di fatto alternativa rispetto a quella ritenuta all'atto dell'adozione della misura cautelare, con una conseguente variazione del piano indiziario valutato a seguito dell'interrogatorio di garanzia

A sostegno della tesi è stato messo in evidenza il contributo dato, da Ettore Crisafulli (ed in misura inferiore anche dal figlio) in molte indagini, come quelle per il processo Ulbrick (che svelò il metodo "Siino" o del tavolino, ndr), ma anche nell'operazione "PONENTE" svolta dalla Questura di Messina (che di recente si è conclusa con la conferma delle condanna agli esponenti della mafia barcellonese ed il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni), o la testimonianza resa nel processo che si sta celebrando presso l'aula bunker di Agrigento contro la cosiddetta "NUOVA CUPOLA". Inoltre la sentenza del TAR Catania (la 2519/10) ha definitivamente riconosciuto che Ettore Crisafulli non è "soggetto sensibile alle infiltrazioni mafiose".

"Una realtà ben diversa - dice l'avvocato Madonia - da quella che nelle poche ore dall'esecuzione alla revoca della misura cautelare, alcuni media hanno reso ed attribuito ai Crisafulli, favorendo un'aggressione mediatica, culminata con la diffusione anche di notizie totalmente errate, per rimediare alla quali i miei assistiti hanno già dato incarico all'avvovcato. Pietro Ortolani che procederà con le conseguenti richieste di smentite e risarcimento danni".