Chiusi definitivamente i conti con la Giustizia, non vuole più tornare a Corleone Giuseppe Salvatore Riina inteso "Salvuccio", 37 anni, terzogenito di "Totò u curtu", il capo dei capi di Cosa nostra, e di Ninetta Bagarella. Con in tasca un diploma di geometra e l'attestato di un corso di inglese, dopo avere abbandonato l'anno scorso gli studi universitari, la sua intenzione è di restare a Padova quando giovedì prossimo, 20 febbraio, scadranno i tre anni della misura di prevenzione disposta, nell'ottobre del 2011, dal Tribunale di Pavia con il "confino" nella città veneta. Decisione che suscitò una buriana di reazioni, soprattutto da parte leghista: «Non vogliamo più mafiosi» gridarono, compreso il presidente della Regione, Luca Zaia. Le difficoltà furono superate perché ci fu una Onlus, "Famiglie contro l'emarginazione e la droga", che garantì per lo scomodo ospite, sottoposto, tuttavia, a rigide limitazioni per quanto concerne spostamenti ed orari.
Tre giorni ancora e "Salvuccio" sarà un uomo libero dopo avere scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi di reclusione per associazione mafiosa. «Resterò a Padova - annuncia al cronista de "Il Corriere del Veneto"- non ho motivo per andarmene. Se in futuro dovessi ricevere delle offerte di lavoro che comportino la necessità di spostarmi altrove, le valuterò, ma ormai è questa la mia città».
L'arrivo a Padova, nel 2011, fu preceduto da altre polemiche. Lasciato il carcere di Voghera, tornò infatti a Corleone, il paese dove vive la madre Ninetta Bagarella, con l'obbligo di firmare ogni due giorni il registro dei sorvegliati speciali negli uffici commissariato di polizia e di rientrare a casa entro e non oltre le 21. Un ritorno che scatenò, perché "persona non gradita", la reazione dei corleonesi, ma neppure "Salvuccio" voleva abitare in paese. Lui, visto che la legge, grazie alla misura di sicurezza emessa dal Tribunale di Pavia, glielo consentiva, aveva deciso di andare a Padova per lavorare come impiegato di una Onlus. Una svolta attesa da parecchio tempo e più volte annunciata dallo stesso Riina jr con l'obiettivo di cambiare vita e di non tornare più a Corleone. Appena cominciò a diffondersi la notizia del prossimo passaggio in Veneto, i leghisti scesero in piazza. Ma il trasferimento non ci fu, perché fu applicato il provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo risalente al 2002, quando "Salvuccio" fu arrestato e che era più restrittivo rispetto a quello adottato nel 2011 dal Tribunale di Pavia. Tra i due provvedimenti finì per prevalere, come stabilito dalla Corte di Cassazione, la misura di prevenzione che prevedeva - appunto - l'obbligo di permanenza a Corleone e di firma tre volte la settimana.
La soluzione fu trovata dal difensore di "Salvuccio", l'avvocato Francesca Casarotto che presentò, sempre nel 2011, ricorso al Tribunale di Palermo chiedendo la revoca della vecchia misura di prevenzione perché erano già trascorsi 9 anni fra la sua emissione e la sua applicazione. Accolto il ricorso, chiese che fosse ristabilita la misura di sicurezza del Tribunale di Pavia che prevedeva la destinazione in Veneto in regime di libertà vigilata. E così è stato.
Da giovedì prossimo "Salvuccio" sarà l'unico figlio maschio non detenuto di "Totò u curtu". Il maggiore, Giovanni, 38 anni, sta scontando, infatti, l'ergastolo per duplice omicidio e mafia. L'attenzione degli inquirenti su "Salvuccio" risale a quando era ancora un ragazzo dopo il danneggiamento della lapide della piazza principale di Corleone intitolata ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A 25 anni il salto di qualità con l'arresto per associazione mafiosa nel 2002.