a Corte di Cassazione ha confermato nella serata di oggi le condanne all’ergastolo per il boss mafioso Giuseppe Graviano e per Salvatore Benigno responsabili del sequestro e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito il 23 novembre 1993, dopo il pentimento del padre Santino, e poi strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996.
La seconda sezione penale della suprema corte presieduta da Antonio Esposito ha così rigettato il ricorso presentato da Graviano e Benigno contro l’ergastolo inflitto loro a marzo 2013 dalla Corte d’assise d’appello di Palermo che confermava la decisione di primo grado di gennaio 2012.
Per il sequestro e l’omicidio del figlio del pentito Santino Di Matteo, che aveva 13 anni quando fu rapito nel tentativo di far tornare il padre sui suoi passi, sono stati condannati in appello al carcere a vita anche Luigi Giacalone, Francesco Giuliano e la primula rossa di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Condannati all’ergastolo anche i boss Giovanni Brusca, oggi pentito, che ordinò il rapimento e decise la morte del piccolo, e Leoluca Bagarella.
Gli esecutori materiali del delitto furono Vincenzo Chiodo, Enzo Brusca e Giuseppe Monticciolo, anche loro in seguito divenuti collaboratori di giustizia.
Giuseppe Graviano, ex reggente di Brancaccio, e Benigno, erano stati gli unici a fare ricorso in Cassazione. Ad accusarli era stato il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, anche lui condannato a 12 anni per l’omicidio Di Matteo, con l’applicazione dell’attenuante speciale per collaboratori di giustizia.
Giuseppe di Matteo venne sequestrato da un commando di mafiosi travestiti da poliziotti che lo prelevarono mentre si allenava in un maneggio ad Altofonte, nel palermitano. Graviano e Benigno sono stati condannati anche al risarcimento di 9mila euro in favore dei familiari della vittima che si sono costituiti parte civile.