La richiesta di una copertura politica per la presunta trattativa Stato-mafia e le pressioni per alleggerire le norme sul carcere duro e sulle confische di beni per i mafiosi. Argomenti trattati ieri pomeriggio dall'ex ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli nel corso della sua deposizione in Corte d'Assise a Caltanissetta nel quarto processo per la strage di via D'Amelio del 19 luglio ‘92 in cui sono imputati Salvo Madonia, Vittorio Tutino per strage assieme ai falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci per calunnia.
«Ricordo - ha affermato Martelli - che Liliana Ferraro (ex vicedirettore e poi direttore della sezione Affari Penali del Ministero della Giustizia che ha deposto ieri affermando di avere saputo dal capitano De Donno di contatti del Ros con Vito Ciancimino per fermare lo stragismo) mi raccontò che i Carabinieri del Ros avevano agganciato Massimo Ciancimino ed intendevano incontrare il padre e si ripromettevano, da questi incontri, di fare qualcosa di utile per fermare le stragi. Mi accennò al fatto che volessero una copertura politica per la loro iniziativa. Questo avvenne dopo la strage di Capaci ed io le dissi subito di informare Paolo Borsellino. Lei mi disse "già fatto". Non so se con questo "già fatto" volesse dire di avere già informato Borsellino e se si era attivata per comunicargli questo particolare».
L'ex esponente del Partito socialista italiano ha affermato di essersi allarmato per questa situazione: «Rimasi allarmato per tutto questo. Se c'era qualche cosa di importante perché non farlo d'intesa con l'autorità giudiziaria? Perché cercare una copertura politica? ». La deposizione di Martelli si è spostata anche sull'approvazione del decreto che prevedeva l'introduzione del carcere duro, le leggi sui programmi di protezione per i collaboranti e sui sequestri dei beni dei mafiosi e sulle pressioni che subì.
«PRESSIONI PER ALLEGGERIRE IL 41 BIS». «L'approvazione del 41 bis e di tutte quelle norme venne visto da alcuni come un modo per infliggere sofferenze, ma non era certo quello l'intento. In tanti erano scettici. Credo che le preoccupazioni non si riferissero a problemi che potevano verificarsi nelle carceri, ma a reazioni della criminalità organizzata. Non so dire cosa ne sarebbe stato di queste norme se non ci fosse stata la strage di via D'Amelio, perché c'erano molte pressioni per modificarne le parti più incisive. Io ebbi l'impressione che si volesse tornare ai tempi in cui si dialogava con la mafia ». Martelli ha detto anche di essersi "inferocito" per quello che accadde in via D'Amelio visto che non venne curata la sicurezza sotto la casa della madre di Paolo Borsellino con la mancata istituzione della zona rimozione: «Dissi che era un caso di incuria colpevole se non qualcosa di peggio. A distanza di anni non so nemmeno se ci sia stata un'indagine».
SCARANTINO: «CHIEDO SCUSA AI FAMILIARI». Il pentito Vincenzo Scarantino, ieri presente in aula, ha chiesto la parola per una dichiarazione spontanea in cui ha chiesto scusa ai familiari delle vittime della strage di via D'Amelio: «Chiedo scusa ai familiari delle vittime, ho cercato tante volte di dire la verità. Ho detto che quelli che mi hanno costretto a mentire sono stati La Barbera, Bo, Giampiero Valenti e Mimmo Militello e mi dispiace perché ogni volta devo essere giudicato come il carnefice».