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26/08/2014 16:00:00

L 'invasione degli immigrati e la responsabilità occidentale

di Leonardo Agate  - "Tripoli bel suol d'amore...". Quando gli italiani cantavano questa canzone erano altri tempi. D'amore e di gloria e di imperialismo. Ora é tutta un'altra storia. Incapsulati come siamo dentro quest'Europa unita artificialmente, non c'é più amore verso la Libia, e nemmeno gloria si vede più tra la Sicilia e l'africa.
A Tripoli e in tutta la Libia sta succedendo di tutto, né ci capisce più nessuno, nemmeno gli specialisti. La caduta di Gheddafi, piuttosto che portare la democratica pace sulle rive sud del mediterraneo, ha generato il caos. Finiti i bombardamenti alleati, testati i nuovi aerei e le nuove armi occidentali, andati via i liberatori, i libici hanno deciso di farsi la guerra gli uni contro gli altri. Non é stata naturalmente una decisione presa a tavolino, ma che abbia avuto il consenso della maggioranza é certo. Prova ne sia come sono diventate vaste le operazioni di guerra civile.
Il nuovo, cosiddetto democratico, parlamento libico non può più riunirsi nella capitale, che sta ormai fuori i limiti dell'ordine pubblico. Il suo aeroporto funziona e non funziona, a rischio di chi vuole ancora usufruirne.
Il ministro Angelino Alfano ha il suo piano, si chiama "Mare Nostrum". La dizione é fascinosa. Richiama i tempi, lontani, in cui i romani signoreggiavano nel Mediterraneo. Ma ora? Il piano del ministro ha un buon obieettivo, solo che non c'é chi possa raggiungerlo. Senza le altre nazioni europee che ci diano una, ma meglio due mani, non può ottenere risultati.
L'unione Europea, invece, se ne lava le mani. Sulle nostre coste siciliane continuano ad arrivare migliaia di profughi dalle coste libiche. Molti annegano prima di arrivare. Concludono prematuramente e violentemente il cammino della speranza che li ha portati da lontani paesi africani al punto d'imbarco più vicino per la terra promessa: la Sicilia, l'Italia. Privati di tutti i loro pochi averi dai trafficanti di persone che li ammassano su barconi traballanti, sognano il benessere che da noi non c'é nemmeno per gli indigeni. Molti profughi vorrebbero andare in altri paesi europei, ma le restrizioni alle frontiere là sono efficaci. Che fa allora questa massa di derelitti? Riceve la nostra pelosa accoglienza in appositi centri dove si annida anche l'affare di furbi lestofanti. Sulla loro pelle scura cresce l'impresa dello sfruttamento, che nella catena successiva li utilizza a fin di male nella rete della delinquenza organizzata. Anche se alcuni, restando a lungo senza lavoro e neghittosi, si mettono pure in proprio nelle ruberie di piccolo cabotaggio.
Il problema dell'immigrazione clandestina nel nostro paese é difficile da risolvere. Non ci siamo riusciti con il buonismo. Ci siamo parzialmente riusciti prima della fine di Gheddafi, quando il nostro governo si accordò con quello libico per il pattugliamento delle coste nordafricane. L'avventura della guerra a Gheddafi travolse quell'accordo, ed ora è peggio di prima. Abbiamo aiutato gli alleati occidentali a destabilizzare la situazione in Libia. Ora gli alleati dovrebbero aiutarci a proteggerci dall'invasione dei profughi, frutto del disordine libico succeduto alla caduta del Rais. Ma da quest'orecchio l'UE é sorda.