Con l’accusa di essere stato il mandante dell’omicidio della 39enne di origine elvetica Sabine Maccarrone, il gup del Tribunale di Marsala Francesco Parrinello ha rinviato a giudizio Gianni Melluso, detto “il bello”, 58 anni, noto per essere stato uno dei principali accusatori di Enzo Tortora. Ad autoaccusarsi dell’omicidio, facendo il nome di Melluso come mandante, fu il pregiudicato mazarese Giuseppe D’Assaro, poi condannato a 30 anni di carcere. Il cadavere della donna, coperto con tegole e massi, fu trovato il 16 aprile 2007 dentro un pozzo artesiano accanto l’abitazione di campagna, in contrada San Nicola, a Mazara, di proprietà della madre di D’Assaro. Per concorso in occultamento di cadavere, era stato chiesto il rinvio a giudizio di Yamina Reguiai Bent Hedi, 49 anni, tunisina, che avrebbe aiutato l’assassino a nascondere il corpo della Maccarrone dentro il pozzo. Il gup, però, ha disposto il non luogo a procedere per prescrizione del reato. La donna è stata difesa da Maria Letizia Pipitone. Pare che la vicenda si inquadri nell’ambito di un traffico di droga. Giuseppe D’Assaro già nel 1985 aveva commesso un primo omicidio, uccidendo a bastonate un uomo di 75 anni (Antonio Signorelli) in un tentativo di rapina. Il processo a Melluso, difeso dagli avvocati marsalesi Stefano Pellegrino e Gianpaolo Agate, inizierà il 26 novembre davanti la Corte d’assise di Trapani.
Tre romeni accusati di tentato omicidio, avviso conclusione indagini
Avviso conclusione indagini per tre rumeni (Petru Vasile Babacj, di 23 anni, Costantin Puricè, di 34, Silvio Ionut Sisca, di 22) accusati del tentato omicidio di altrettanti connazionali. I fatti sono relativi alla sera di Natale 2013, quando una violenta rissa scoppiò in un circolo ricreativo di contrada Pastorella. A difendere gli indagati, tutt’ora agli arresti domiciliari, sono gli avvocati Silvio Forti e Vito Cimiotta. A coordinare le indagini dei carabinieri è stata il sostituto procuratore Giulia D’Alessandro. Nella rissa erano rimasti coinvolti anche altri romeni, poi però prosciolti nel corso delle indagini. Undici romeni i presunti protagonisti della maxi-rissa. Sei di loro furono, poi, identificati e arrestati dai carabinieri per tentato omicidio in concorso e porto illegale di arma da taglio. Secondo la ricostruzione degli investigatori coordinati dal tenente Danilo D’Angelo, comandante del nucleo radiomobile operativo, gli arrestati avrebbero aggredito ‘’per futili motivi’’, prima con pugni e calci e poi ferendoli a coltellate, tre loro connazionali. Probabilmente, in preda ai fumi dell’alcool. Quindi, dopo essersi resi conto della gravità della loro azione, erano fuggiti. A dare l’allarme una telefonata anonima arrivata, intorno alle 22.30, alla centrale operativa dei carabinieri che segnalava la presenza di un uomo riverso e sanguinante a terra nei pressi della chiesa di Santo Padre delle Perriere. Non troppo distante da contrada Pastorella. Sul posto arrivavano una ‘’gazzella’’ della radiomobile e una pattuglia della stazione di Petrosino, che di feriti ne trovano addirittura tre: poi identificati per tre romeni (I.P., I.D. e I.B.), di età compresa tra 32 e 18 anni, subito trasportati in ambulanza al Pronto soccorso dell’ospedale ‘’Paolo Borsellino’’ con profondi tagli all’addome e alla zona toracica. Per tutti, i medici si erano riservati la prognosi sulla vita. Prestate le prime cure e suturate le ferite, però, dopo un paio di giorni, i tre sono stati giudicati ‘’fuori pericolo’’.