di Leonardo Agate - Siamo nella chiesa di San Pietro, in occasione della mostra di quadri di suoi allievi. Parleremo di arte, di come il maestro Vito Linares la intende. Il luogo mi sembra stimolante, con gli antichi affreschi scrostati, gli arredi in abbandono, i grandi quadri del Sei - Settecento da cui rinomati santi e oranti suore chiedono aiuto per la loro materiale sopravvivenza.
D. La devo chiamare maestro o Vito, dato che abbiamo fatto assieme le Medie e siamo amici da allora?
R. Certo che mi puoi dare del tu, perché l'amicizia vale più dei titoli. Io di professione faccio l'ignorante, che vuole conoscere e imparare.
D. Nell'edificio scolastico di via Sarzana, che fu convento, l'unica scuola media di allora, abbiamo iniziato a usare i fogli di disegno e le matite. Capivi che erano la tua passione, cui avresti dedicato la vita?
R. Questa mia passione é cominciata prima. Mio padre mi portava all'Associazione degli Artisti Marsalesi di via Panneri. Uno zio di mio padre era Nicolò Virzì, professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal figlio Matteo, pure lui pittore, scomparso giovane, ho ereditato i colori e i pennelli. Ho resistito all'opacità dell'insegnamento scolastico, in cui gli insegnanti seguivano programmi insulsi ed inutili.
D. Era aperta, allora, la chiesa di Santo Stefano, all'angolo, e ci sei certo entrato. La ribellione verso le istituzioni, pure la Chiesa, che é diventata un tratto caratteristico del tuo carattere, cominciava là a sorgere in te?
R. Ci sono entrato allora, qualche volta. Ricordo che il prete, un giorno, mi ha invitato a baciare la fronte di un defunto esposto. Quel freddo di cadavere si propagò per tutto il mio corpo. Un atto per me scioccante, che ha contribuito a convincermi che i preti approfittano della naturale esigenza umana di credere in qualcosa, e strumentalizzano i fedeli per loro interessi. Si fanno pure pagare per le funzioni religiose.
Credo in Cristo, più che in Dio. Cristo ha anticipato le tre aspirazioni della Rivoluzione Francese: Liberté, Egalité, Fraternité.
Mi sento anticlericale come papa Francesco. Il mio anticlericalismo nasce dall'osservazione del comportamento dei preti.
D. Trasferito con la famiglia a Palermo, il nuovo ambiente é stato positivo per il tuo sviluppo personale e artistico?
R. Assolutamente no, perché notai che dove ci sono Licei Artistici ed Accademie tutto é fermo al tradizionale insegnamento scolastico sorpassato.
D. La scuola, altra istituzione da criticare allora?
R. Sì, perché la scuola dovrebbe dare informazioni e l'alunno dovrebbe poter scegliere in base alle proprie inclinazioni. Così ogni alunno diventerebbe imprenditore di se stesso. La scuola, invece, intende formare e deforma.
D. Palermo, rispetto a Marsala, era complessivamente più stimolante?
R. C'erano più occasioni culturali. Però era una città che viveva, e vive tuttora, nel passato. La Galleria d'Arte Moderna fu inaugurata con una mostra di Francesco Lojacono, pittore dell'Ottocento. Palermo é una città che vive nel passato, e anche lo commercializza. Ritarda sempre a crescere, perché non si rinnova. Resta sempre indietro nel secolo precedente.
D. Nel 1966 hai deciso di tornare qua...
R. In seguito alla morte di mio padre, dovendo sostenere la famiglia, tornai pensando di trovare certi appoggi familiari e amicali, invece...
D. Sei passato dalla pittura figurativa e surreale della tua prima fase, durata fino agli anni '80, all'astratto sempre più astratto, usando le nuove tecnologie espressive, non più solo la tavolozza e i pennelli. Perché?
R. Un giorno ho iniziato a dipingere, con i colori ad olio, una tela di 80 x 80. Ci ho lavorato per 47 giorni. A quel punto in me é scattato un pensiero: l'artista, che aveva in testa l'idea, ha schiavizzato il pittore per 47 giorni. L'arte é pensiero illuminante, e la tecnica tradizionale fa perdere tempo nella realizzazione. Allora ho cercato tecniche più semplici e celeri. Ad un olio di un fiammingo preferisco un collage di Braque.
D. Altra volta mi hai detto che il Colosseo dovrebbe essere abbattuto per i rivoli di sangue che vi sono corsi dentro. Non sarebbe come volere distruggere la "Storia", e l'umanità, bella e brutta, che contiene?
R. La storia dei vincitori dovrebbe essere riletta alla la luce della voglia di pace e di giustizia dei vinti. "Vae victis!" denota quanta cattiveria c'é nei vincitori, siano i Romani di ieri, siano gli Yankee di oggi. Al posto del Colosseo metterei una croce in ricordo di Cristo.
D. Ammesso che potessimo dimenticare il passato, su quali basi potremmo costruire il futuro?
R. il passato non si può dimenticare, ma sul passato bisogna costruire il futuro. In arte si deve andare avanti per tesi e antitesi, senza sostare nella sintesi, che sarebbe come la calma piatta dell'incoscienza.
D. Di fronte alle tue più recenti realizzazioni, per esempio la serie di quadri usciti dal plotter nella mostra di due anni fa "Il rosso che avanza", molti si sono chiesti cosa volevi dire con quelle cornici che delimitavano un indistinto colore. Lo vuoi spiegare?
R. Era un discorso ideologico. Ho distrutto i miei precedenti lavori, riutilizzandoli nel rosso. Ho usato, per il nuovo messaggio, tele su cui avevo già lavorato. Il rosso rappresenta l'invenzione creativa.
D. L'arte non dovrebbe essere capita direttamente dalla gente, senza necessità che l'autore dell'opera ce la spiegasse?
R. Non sempre si può capire tutto senza averlo spiegato. L'artista deve poter spiegare le sue opere, per evitare che lo facciano al posto suo i critici e gli storici dell'arte.
Se due cinesi mi parlano, e io non li capisco, che faccio? li irrido? o non é meglio che ci sia qualcuno che mi traduca le loro parole, che possono essere interessanti? E' meglio essere curiosi.
I colori sono al servizio del pensiero dell'artista. L'opera astratta deve essere spiegata dal suo autore.
D. L'arte di ispirazione comunista rappresentava gli ideali di quella società, ed era, e doveva essere, comprensibile alle masse. Tu sei stato ispirato dall'ideologia comunista, anche per ragioni familiari. Tuo padre fu candidato alle elezioni per il Pci. Dell'arte che ha espresso quell'ideologia, che pensi?
R. Stalin, Hitler, Mussolini chiedevano agli artisti manifesti che coinvolgessero il popolo. Ma l'arte non deve essere popolare. E' il popolo che deve diventare artistico.
D. Che pensi del futuro dell'arte pittorica, ora che un quadro astratto di un autore contemporaneo, per il giuoco a rilancio delle gallerie, dei critici, dei musei, delle aste, riesce ad ottenere quotazioni da capogiro, simili a quelle di opere da secoli apprezzate?
R. Anche qua, é responsabile il sistema dell'istruzione, che forma quegli ignoranti che comprano i wurstel perché pubblicizzati.
D. E' possibile, se non prevedibile, un tuo ritorno al figurativo?
R. Il mio pensiero resta ancorato al figurativo, ma ho utilizzato le nuove tecniche per esigenze di celerità. Così, se un giorno mi va bene, riesco a ultimare anche quattro opere.
D. Non é possibile che la celerità di produzione sia a scapito della qualità?
R. No, la qualità del prodotto é la sua caratteristica, che può esprimersi nella complessità del gotico o in forme più semplici e celeri.
D. Non ti sembra un peccato che questa chiesa, dove ci troviamo, non sia restaurata nella struttura, negli affreschi, nelle tele e negli arredi?
R. La facciata é davvero notevole. La struttura deve essere salvaguardata, ma il resto, le tele e gli ornamenti sono mediocri. Non vale la pena di spenderci soldi.