Prometteva agli imprenditori vinicoli della provinci di Trapani e Palermo che avrebbe piazzato i loro prodotti in tutto il mondo, pure in una nave da crociera, di lusso, che era di sua proprietà. Solo che non era vero niente, e la nave neanche esisteva. Prometteva di smerciare grandi quantità di bianchi e rossi, oltre che sui circuiti tradizionali come bar e ristoranti, anche fra le migliaia di passeggeri che ogni settimana salivano a bordo della sua «Magic Cruise» solcando il Mar Mediterraneo.
Era tutto un imbroglio. Lo ha stabilito il giudice della quinta sezione penale del tribunale di Palermo, Maria Immordino, che ha condannato Fabio Vincenzo Calamia, 43 anni, nato a Castelvetrano e residente a Partanna, ad otto mesi di carcere con l’accusa di truffa aggravata, oltre al pagamento di una multa di 150 euro.
Vittima del raggiro è Salvatore M., 35 anni, titolare di una ditta di imbottigliamento, assistito dall’avvocato Davide Giannusa. L’imprenditore, oltre a una sonora delusione, si è visto spillare 12 mila euro. E ha dovuto anche chiudere l’attività. Tutto è successo tra il dicembre del 2008 e i primi mesi del 2009. Ma secondo alcune fonti sarebbero in diversi ad essere stati truffati da Calamia, che si presentava nelle aziende proponendo contratti di consulenza per la commercializzazione di vini, forte di un network che lui stesso gestiva. Poi tirava l'asso nella manica: la nave. E mostrava anche un finto catalogo turistico, un finto sito internet, finte foto. La sua società "L'ambasciatore del gusto" era una s.n.c. con sede a Milano, ma, nella carta intestata, si indavano filiali a Parigi, Londra, Barcellona e New York. Nello stesso processo un ex collaboratore di Calamia ha raccontato di come venissero mostrati documenti, bolle di altri clienti, cataloghi che "erano tutti specchietti per le allodole, per chiudere il contratto, incassare magari un anticipo e scomparire".
ASSICURAZIONI. Di truffa in truffa. Continua oggi il processo a Marsala che vede imputate sei persona per associazione a delinquere e trauffa nei confronti di una compagnia assicurativa ‘’Italiana spa’’. Secondo l’accusa, avrebbero raggirato l’agenzia della società di assicurazioni ‘’Italiana spa’’. Per risparmiare sulle alte tariffe, avrebbero fatto i furbi sulla ‘’classe di merito’’ della auto assicurate. I fatti risalgono al luglio del 2010. Al centro della vicenda giudiziaria c’è una ditta di noleggio auto e furgoni (‘’G.P. rent a car’’) che ha sede a Strasatti. Titolare è Elena Cudia, anche se di fatto a gestirla era il marito, Giuseppe Genna. Con i due coniugi sono imputati anche Giovanni Anselmi e Salvatore Lo Grasso, collaboratori della ditta di noleggio, Francesco Lo Grasso, intestatario di alcuni contratti assicurativi, e Pietro Barraco. A far scattare l’indagine è stata una denuncia della compagnia assicurativa, che ha sede a Milano. Buona parte dei mezzi sui quali si sarebbe barato sulla classe di merito, fondamentale per stabilire il premio da pagare, costituisce il parco mezzi della ditta di autonoleggio. L’Italiana spa denunciò, in particolare, il fatto che i contratti di alcune delle auto non erano a carico della ditta di autonoleggio, ma di altri privati. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Dino Petralia, furono effettuate dai carabinieri. La truffa sarebbe consistita nel fatto che, intestando le polizze a privati, piuttosto che alla ‘’G.P. rent a car’’, era possibile pagare meno, accedendo a classi di merito inferiori a quelle riservate a una ditta di autonoleggio. Scusa e difesa potranno chiedere l’ammissione delle ultime fonti di prova. Seguirà, poi, la requisitoria del pubblico ministero. Nel corso del processo, ha testimoniato anche Bruno Isolabella, funzionario dell’unità antifrode della Reale Mutua (alla quale fa capo anche l’Italiana Assicurazione, parte civile nel procedimento), che rispondendo alle domande del pm Nicola Scalabrini ha dichiarato: ‘’La truffa era finalizzata a beneficiare di un grosso sconto assicurativo. Infatti, tutte le auto entravano nella classe prima, ma avrebbero dovuto essere nella 18esima. Tutto scaturì da una lettera che ci pervenne nel febbraio 2009 in cui un nostro assicurato ci chiedeva di approfondire un caso su due mezzi che sarebbero stati assicurati con noi, ma lui affermava di disporre di un solo mezzo e non era assicurato con noi. Poi, noi abbiamo chiesto all’agenzia presso la quale erano stati stipulati i contratti. Tuttavia, l’11 febbraio, ci giunse una seconda lettera dallo stesso utente, che si smentiva dicendo di avere due mezzi. Ma le firme sulle lettere erano diverse. L’uomo era Francesco Lo Grasso. Ci siamo insospettiti e abbiamo avviato delle indagini, dando incarico ad un investigatore privato. Le polizze erano vere, ma i documenti per la stipula erano falsi. La truffa consisteva nel cambio del premio. Per 40 mezzi, la somma che avrebbero dovuto era di circa 55mila euro’’.